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Archivio dei tag Riflessioni

un libro per Natale

elena

E’ uscito nelle edicole Feltrinelli il libro scritto, dal Sensei Elena Gabrielli, ( che ho intervistato tempo fa) potrebbe essere un’idea per un regalo Natalizio ….

da leggere sotto l’albero!  Ovo san

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Aikido, Aikijutsu e Aikijujutsu

Qui e qui si trovano un paio di articoli interessanti sulle differenze tra aiki do e jutsu.

Quando si discuteva sul questo è o non è aikido (a volte confuso con questo è o non è quello STILE/SCUOLA di aikido), ho sempre sostenuto che la differenza sostanziale tra DO e JUTSU, consiste nella finalità di esecuzione ("spaccare" o "perdonare"), più che nello stile/scuola usato/a.

Il Do è una via, un percorso di crescita. Il Jutsu è un metodo, uno strumento pratico per eliminare una minaccia.

Buona lettura.

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Shihonage – punti di presa

Consiglio a titolo storico di leggersi l'articolo di Stanley Pranin che mette in evidenza come la presa di Shihonage sia stata modificata da O'Sensei prima e dopo la guerra.

http://blog.aikidojournal.com/2013/09/12/watch-where-you-put-your-hands-shihonage-revisited-by-stanley-pranin/

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i cinque tecnici

tratto dal libro del Bushido

l'espressione "i cinque Tecnici"indica che esistono cinque tipologie di artisiti marziali e cioè.

l'aggressivo,lo scaltro,il tecnico,il calmo e l'eccellente.

l'aggrassivo-sono quelli che attaccano ferocemente con forza tavolgente, lo scaltro-sono quelli che usano l'ingegno per colpire in modo strategico, i tecnici -sono quelli che si concentrano per vincere usando le tecniche tramandate dai maestri, i calmi– si concentrano per cercare un apertura nella difesa avversaria, l'eccellente– e quello vince con l'astuzia imperturbabile della loro mente.

e voi come siete ? quale dei cinque ? a voi la risposta

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Il ruolo di Uke

Ieri sera tornando dalla palestra, come al solito, discutevo piacevolmente con il nostro "Patman" e tra le altre cose si è parlato anche di questo.

Ho trovato una interessante disquisizione sull'argomento, che analizza la situazione sia nell'Aikido che nelle arti marziali giapponesi in generale , che tra le antiche scuole (Ko ryu) ed il Budo moderno (Gendai Budo).

L'articolo è stato scritto da Beno (al secolo Daniele Bevivino) un Italiano che attualmente, beato lui, vive e pratica in Giappone; se volete leggerlo lo trovate sul suo blog Aikiblog oppure direttamente qui.

Buona lettura e, come al solito, buona riflessione.

 

 

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Aikido Libero

Seguo diversi Blog di Aikido sulla rete nel tempo libero e questo , di Gabriele Pintaudi, voglio condividerlo con voi. In questo post io ho riconosciuto in pieno la nostra realtà ed essendo daccordo con lui, non posso che esserne contento. Questo fatto mi spinge a riconoscere la qualità del lavoro ottenuta dal nostro Maestro in tutti questi anni, continuiamo quindi su questa strada!

Credo a nome di tutti: Domo arigatou gozaimashita Ezio Sensei, che in italiano significa Grazie molte Ezio Sensei.

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L’Aikido spiegato da C. Tissier

Testo tratto dal sito http://www.aikidosapri.com/

Christian Tissier

L’Aikido praticato bene pone tante domande, ne abbiamo proposte alcune a Christian Tissier  7° dan.

Per giungere ad un’applicazione perfettamente efficace in Aikido, bisogna prima agire e poi pensare scordandosi della tecnica o piuttosto il contrario?

C.T. Per come la vedo, l’unica applicazione efficace dell’Aikido è la preservazione della propria ed altrui integrità e il successo nelle scelte che ci si è prefissati, lo sviluppo delle proprie qualità umane, fisiche e spirituali.
Però la seconda parte della domanda richiede una risposta più “terraterra”.
In Aikido non si può dire che ci siano veramente delle regole, ma piuttosto dei livelli d’applicazione.
Mettendo in pratica con determinazione e violenza, certe tecniche (non tutte) sono temibili, anche se il praticante non ha ancora acquisito una grande esperienza.

Ma a questo punto si parla d’Aikido?
Difesa personale sotto forma d’Aikido sarebbe probabilmente un termine più adatto .
Riguardo al pensare prima e poi agire?
Può andar bene se si intende la strategia precedente all’azione. Può anche andar bene se c’è il tempo di considerare le diverse possibilità dominando le proprie emozioni.
Ma quando esiste la padronanza, l’unica modalità davvero efficace è la spontaneità.
Tutta la pratica della nostra arte marziale tende a sviluppare quest’istante, questa scelta non ragionata nella quale solo quanto avrete acquisito in profondità vi condurrà come la migliore delle guide.
In quei precisi momenti, la visione dell’azione è allora molto chiara, come rallentata, la vera potenza si esprime sciolta e leggera, eppure terribilmente pesante al momento cruciale.

A priori, tutte le tecniche d’Aikido si possono applicare a qualsiasi forma d’attacco?

C.T.   A priori sì.
Anche se gli attacchi sono molto convenzionali, questo è un bene, perché resta la forma al di là della varietà dell’attacco.
I colpi dovrebbero rappresentare tutte le direzioni: dall’alto verso il basso (shomenuchi), di lato o di rovescio (yokomenuchi), di fronte (tsuki), etc.
Si può dunque considerare che, dal punto di vista della direzione, non ci siano differenze sostanziali tra un yokomen ben dato ed un gancio classico.
Il problema è piuttosto quello che si vede nella pratica: gli aikidoka non fanno abbastanza attenzione alla qualità dei loro attacchi che sono spesso troppo molli e poco precisi.
Troppo aperti quando le braccia si alzano o al contrario rigidi e poco veloci,  non concentrati sul centro e privi della nozione d’impatto e di distanza.
Questo  aspetto va migliorando, ma un grosso lavoro resta da fare.
Per quanto riguarda gli attacchi di piedi, il numero di tecniche applicabili direttamente sul primo attacco, è abbastanza limitato .
Ma schivare il primo attacco di piedi modificando la distanza e le reazioni dell’avversario può portare a una presa, un colpo di mani o una proiezione che renda dunque possibile tutta una serie di applicazioni.

L’efficacia e la progressione qualitativa delle tecniche sono legate ad una  ricerca estetica? Di fatto esiste un’opposizione tra un Aikido artistico e un Aikido efficace?

C.T.    No, non lo credo, in ogni caso non sono legate ad una ricerca solo estetica. Di certo non si deve praticare un Aikido “manierato”.
Il fatto è che l’Aikido, come qualsiasi arte che utilizza il corpo come supporto, tende all’esecuzione di un gesto puro, sbarazzato d’ogni paura, stizza, irritazione e bloccaggi, sia fisici che psichici. Secondo me non c’è un Aikido efficace ed uno artistico. L’Aikido, se praticato bene, è efficace e per forza bello. Se è efficace senza essere bello, è di certo praticato con la forza ed è dunque limitato nella sua capacità e potenzialità, ancorché nella sua possibilità di progredire. Esprime solo quello che l’aikidoka in questione ha già più o meno acquisito e utilizza per rassicurarsi, niente più.
L’Aikido estetico, ma senza efficacia, sarebbe come mimare.
Somiglierebbe all’arte, ma la forma sarebbe vuota.
Una pratica privata del suo contenuto reale, non potrà portare in se alcuna autenticità e realtà.
E’ vero che con la connivenza di un buon partner può apparentemente funzionare, ma quell’ Aikido non resisterebbe certo in un conflitto, perché il timore ne farebbe apparire tutti i limiti.

Squilibrare l’avversario è fondamentale in aikido, che ne è dell’atemi ad esempio?

C.T.    O Sensei Morihei Ueshiba diceva che l’Aikido da lui fondato consistesse in irimi ed atemi.
Il senso dell’atemi è quindi essenziale per diverse ragioni.
L’atemi permette di materializzare una distanza, di fissare il partner in qualche modo, di fermarlo o di posizionarsi in confronto a lui.
Al di là del colpo, è anche un punto d’appoggio non trascurabile.
L’atemi può anche aiutare a neutralizzare la violenza dell’avversario.
O anche, ancora meglio, dosandolo a seconda dell’azione che si è deciso di realizzare, per immobilizzare con fermezza e senza danni l’avversario.
L’atemi può mostrare delle chiusure nell’azione e per questo non c’è bisogno che ci sia impatto. E’ più importante che l’atemi chiuda e apra degli angoli al momento giusto ed anche alla distanza giusta.
Ma attenzione, non si tratta soltanto di un semplice gesto, deve essere credibile e quindi preciso, intenso e potente.
L’atemi deve sempre essere utilizzato consapevolmente, mai come reazione di paura, d’impotenza o con aggressività. Perché in questi casi, non è più un aikidoka che si esprime, ma una persona qualsiasi.
Di fatto praticato con efficacia, l’atemi deve rappresentare una sanzione potenziale e radicale, lasciando all’aikidoka la scelta della clemenza, ma senza debolezza durante l’azione.

La scioltezza e la forza entrano in contrasto con una pratica esemplare dell’aikido o al contrario in quali casi sono complementari?

C.T. Penso che sia essenziale distinguere tra una persona, naturalmente forte, ma che utilizza la sua potenza senza lavorare con la forza, ed una che fonda la sua pratica “solo” sulla propria forza.
Oltre al fatto che sarebbe inaccettabile per la propria progressione tecnica, la quale sarebbe impedita da questo “tradursi in applicazione della forza”, l’uso di questa forza sarà ovviamente limitato dall’età e col tempo invece di progredire, il praticante si irrigidirà e si contrarrà sempre più, le conseguenze sarebbero evidentemente negative.
Bisogna ricordare che tutto il lavoro sulla precisione della tecnica tende ad ottenere il massimo d’efficacia con il minimo sforzo.
Per quanto riguarda la scioltezza è lo stesso, si deve distinguere fra la scioltezza articolare e quella nell’azione.
Se la tecnica non è precisa, la postura aleatoria e se ci dovesse essere un aggressione inaspettata o della paura, il più sciolto dei praticanti si bloccherebbe subito e proverebbe a compensare con quello che è accessibile immediatamente e cioè un sentimento di rigetto, di rifiuto, un aumento di forza nelle spalle.
Non si può avere un movimento naturale senza scioltezza.
Ma naturale significa che ci sia pratica, dunque economia, quindi precisione. E’ solo in un movimento tecnico, sciolto e senza blocchi fisici e mentali (quindi senza paura) che tutta la forza si esprime per liberare una grande potenza.

Il lavoro sul Ki basta ad aprire la porta dell’Aikido o è necessario un allenamento più fisico?

C.T. Certo il problema del Ki, se si può definire così con esattezza, è il suo scorrere, la sua libera circolazione e il suo scambio esterno – interno in armonia con tutti gli elementi che ci circondano.
E’ possibile allenarsi da solo o con un partner particolarmente compiacente: imparare a piazzare le proprie spalle, la schiena, il bacino, la respirazione, cercare il proprio centro, etc. Ma quando c’è un aggressione fittizia o reale, quando c’è una relazione con l’altro, senza un precedente ed intenso allenamento, senza una vera esperienza, senza calma, come mantenere il piazzamento, le spalle basse, la posizione dell’hara etc.? L’Aikido elaborato da O Sensei e scelto da noi come base di pratica, consapevolmente è un budo, l’attaccante è il pretesto con il quale bisogna trovare una soluzione armoniosa del conflitto, dei Ki, anche se quest’ultimo non lo volesse.

Aikido è un budo, si può considerare solo come un arte di difesa?

C.T. Un budo è un sistema d’educazione marziale, fisico, mentale, umano, che deve sviluppare fino al massimo grado le qualità inerenti all’essere umano sviluppando le costanti dello studio della “via” che bisogna ricordare: la ricerca del gesto puro che porta alla purezza dello spirito, il rispetto, l’attitudine giusta al momento giusto, la spontaneità etc. Ridurre il budo ad una sola arte di difesa, è scordarsi la sua dimensione d’apertura sul mondo e sbagliare epoca e armi. Quando tutte le qualità del budoka sono acquisite, arte di difesa inclusa, egli può andare dritto nel mondo per comunicare, vivere ed amare senza timore per lui e per gli altri.
Chi pratica soltanto un arte di difesa non fa altro che forgiarsi un carapace, che vorrebbe sempre più solido, ma nel quale rischia di isolarsi e di non riuscire più ad uscirne.
Traduzione a cura di Marco Marini

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Satoru Tsuchiya

Satoru Tsuchiya è il rappresentante in Francia della scuola Shodokan Aikido fondata da Kenji Tomiki, studente di Jigoro Kano e successivamente di Morihei Ueshiba. Questa scuola unica nel suo genere introduce un sistema di competizione che preserva contemporaneamente i principi fondamentali dell'Aikido e lo spirito moderno del Judo.

Dopo le presentazioni ufficiali, posso dire che le competizioni personalmente non mi interessano e tantomeno se vedono coinvolto l'Aikido, ma in questa dimostrazione ho trovato molto interessante vedere l'applicazione di tecniche di difesa da coltello in un contesto "non dichiarato". Ho trovato una piacevole coesistenza di efficacia ed eleganza senza scadere nel caotico "polverone" tipico delle competizioni dovuto alla determinazione di voler vincere.

Ma fatevi voi stessi la vostra opinione: 

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ezio sensei

volevo fare una piccola riflessione, sulla lezione di giovedì,

come tutti sanno Ezio non c'era (e a lui va il nostro affetto quando perdi una persona cara).

Ecco io (almeno parlo per me) ho avvisato un vuoto strutturale o che dir si voglia spirituale nello svolgimento della lezione.

Pat, Alex Fabio e Gianni sono stati perfetti, meglio di così non si poteva fare,ecco allora comprendo che c'è una continuità nel lavoro di Ezius.a livello tecnico.

Questo fa ben sperare, vuol dire che stà lavorando con la giusta Via, e che Noi non stiamo sprecando il suo tempo.

questo parlando di Aikido dovrebbe essere motivo di incentivazione per tutti.

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Riflessioni di mezza estate

Sarà il caldo, sarà la nostalgia del quotidiano allenamento ma le riflessioni continuano a stimolare.

Questo stralcio tratto dal libro di Takuan Soho, "Sogni", edito da Luni Editrice, mi riporta all'obbiettivo che mi sono posto per il prossimo anno aikidoistico. So che sarà difficile da perseguire ma voglio impegnarmi nel tentativo.

Takuan Soho fu un monaco Zen vissuto tra il 1573 ed il 1645.

"La Mente Corretta è quella che non si ferma in nessun luogo. E' quella che si estende su tutto il proprio corpo, consapevole di sé.

La Mente Confusa è quella che, ripensando a qualcosa, si congela in un luogo.
Appena la Mente Corretta si congela, diviene immediatamente Confusa.
Smarrirla, significa perdere funzionalità, immediatezza, lucidità, riflesso.
Per questo è fondamentale non perderla mai.
Non fermandosi in nessun luogo, la Mente Corretta è simile all'acqua.
La Mente Confusa, invece, è come il ghiaccio.
Ghiaccio ed acqua hanno la stessa essenza, ma col ghiaccio non ci si può lavare né dissetarsi.
Ma appena esso si scioglie torna a fluire, a dissetare, a purificare.
Torna a scorrere ovunque.
Quando la mente si paralizza su una cosa, essa diviene ghiaccio e non può più essere usata liberamente.

Preserva una Mente Corretta.
Fa che essa possa fluire libera dove serve e fa che nulla possa catturarla."

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