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Archivio mensile Marzo 22, 2012

Paolo Corallini Shinan 7° dan

Paolo Corallini Shihan – 7 Dan

 

piccola

        Il Maestro Paolo Nicola Corallini Shihan, Iwama Ryu 7° Dan, Aikikai 7° Dan, Presidente della Takemusu Aikido Association Italy e massimo rappresentante in Italia dell'Aikido di Iwama, inizia fin da giovane ad interessarsi alle Arti Marziali. All'età di 18 anni si iscrive presso un dojo di Ju Jutsu e subito dopo conosce l'arte marziale che doveva segnare la sua vita, l'Aikido, all'epoca ai suoi primi passi in Italia. Segue in quegli anni gli insegnamenti di Motokage Kawamukai Sensei che gli conferisce il 1° Dan nel 1977.

     Riceve poi il 2° dan da Hirokazu Kobayashi Sensei nel 1979 e comincia poi a frequentare le scuole di Aikido in Francia dove conosce il Maestro André Nocquet, allievo del fondatore e presidente dell'Union Europeenne D'Aikido, il quale gli conferisce il 3° dan nel 1981 e il 4° dan nel 1983, nominandolo anche Presidente e Direttore Tecnico dell'Unione Italiana Aikido, emanazione italiana dell'U.E.A.

     In quell'anno il M° Corallini pubblica il suo primo libro sull'Aikido e frequenta moltissimi seminar diretti dai più grandi Sensei giapponesi: Tamura, Tohei, Yamada, Saotome, Chiba ecc. Nel 1984, stimolato dal desiderio di conoscere Morihiro Saito Sensei e di vedere il dojo dove il Fondatore aveva creato l'Aikido, si reca in Iwama (paese situato nella Prefettura di Ibaraki, a circa 90 km a nord-est di Tokyo).

     Qui avviene il magico incontro con Morihiro Saito Sensei, e subito il M° Corallini si rende conto che quello che veniva praticato in Iwama, era l'Aikido Tradizionale del Fondatore. Decide quindi che da quel momento in poi Morihiro Saito sarebbe stato il suo unico Maestro e ne diviene devotissimo deshi.

       Nel febbraio del 1985 Saito Sensei accetta l'invito di Paolo Corallini a dirigere un seminar di Iwama Takemusu Aikido in Italia e viene per la prima volta in Europa Centrale. Da quel lontano 1985 il M° Corallini ha invitato ogni anno Saito Sensei in Italia e si è recato egli stesso almeno ogni anno in Iwama, per ben 24 volte, per trascorrervi periodi di studio come Uchi Deshi (allievo interno).

       Nel 1985 il M° Corallini fonda l'IWAMA RYU ITALY, associazione di cinture nere che seguono esclusivamente e con fedeltà assoluta l'insegnamento di Saito Sensei. Dal 1984 ad oggi Paolo Corallini ha seguito il suo Maestro in molte nazioni come allievo fedele e si è sempre adoperato affinché l'Iwama Takemusu Aikido si diffondesse non solo in Italia ma in Europa ed oltre.

        Nel 1988 riceve il 5° dan dal Maestro Saito e in quegli anni riceve anche i 5 Mokuroku di Buki Waza e l'autorizzazione a conferire gradi Iwama Ryu Tai Jutsu-Buki Waza. Nel 1990 Saito Sensei lo nomina suo Rappresentante per l'Europa Centrale e Meridionale e nel marzo del 1993, nel dojo di Iwama, gli conferisce il 6° Dan e il titolo di SHIHAN. Il M° Corallini dirige ogni anno numerosi seminar in Italia e all'estero: Germania, Scozia, Svizzera, Francia, Portogallo,  Austria, Inghilterra, Spagna, Croazia, Bulgaria, Danimarca, Svezia, Russia, Libano, Sud Africa.

       Dal 1994 al 2006 egli è stato Direttore Tecnico Nazionale per il settore Aikido della F.I.J.L.K.A.M. (C.O.N.I.) su incarico del Presidente Federale, Dott. Matteo Pellicone.

      In data 14 marzo 2001 il Presidente della F.I.J.L.K.A.M. (C.O.N.I.), Dott. M. Pellicone conferisce al M. Corallini con decisione "Motu Proprio" il 7° Dan di Aikido "quale riconoscimento della pluriennale e meritoria opera da lui svolta in favore dell'Aikido e in considerazione delle tante e particolari benemerenze acquistate attraverso il sempre costante e qualificato impegno dimostrato per lo sviluppo tecnico e la diffusione dell' Aikido".

     Il 25 maggio 2001 Morihiro Saito Sensei conferisce a Paolo Corallini e Ulf Evenås il 7° Dan Iwama Ryu,  e li nomina suoi Rappresentanti Ufficiali (Kyoju Dai Ri).                                 

       Per la Federazione scrive nel 1998 un libro dal titolo "Aikido Iwama Ryu" e nel 1999 un volume edito dalla Sperling & Kupfer "Iwama Ryu Aikido".

       In data 15 aprile 2003 Moriteru Ueshiba Aikido Doshu autorizza ufficialmente Paolo Corallini  Sensei a condurre esami ai propri allievi per il conseguimento di gradi dan Aikikai e a richiedere personalmente e direttamente i relativi certificati presso l'Aikikai di Tokyo.

      Il Consiglio Federale F.I.J.L.K.A.M. nella riunione del 5 Febbraio 2005 ha conferito al M°. Corallini la Medaglia d'Onore al Merito Sportivo per le benemerenze acquisite durante la pluriennale attività svolta in favore delle discipline sportive della Federazione.

      Nel 2009 Corallini Shihan ha celebrato i suoi 40 anni di Aikido.

      Nel dicembre 2009 il Panathlon gli conferisce il Premio "Fair Play" per la sua carriera nell'Aikido.

      Il 16 gennaio 2010 Il Maestro Corallini riceve a Osimo il Premio "Apollino d'Oro" alla carriera per i meriti di divulgazione e di insegnamento dell'Iwama Ryu Aikido nel mondo.

      Il 9 gennaio 2011 il Doshu conferisce al M°. Corallini il 7° Dan Aikikai, in ratifica del precedente grado già conferitogli da Saito Morihiro Shihan. Il 7° Dan Aikikai non era mai stato conferito a nessun italiano prima d'ora.

 

 

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geishe scopriamo la storia

La geisha (芸者?) o gheiscia è una tradizionale artista e intrattenitrice giapponese, le cui abilità includono varie arti, quali la musica, il canto e la danza. Le geisha erano molto comuni tra il XVIII e il XIX secolo, ed esistono tutt'oggi, benché il loro numero stia man mano diminuendo. Nel mondo moderno e soprattutto in Occidente vengono erroneamente considerate come prostitute.

Introduzione

"Geisha", pronunciato /ˈɡeːʃa/,[1] è un termine giapponese (come tutti i nomi di questa lingua, non presenta distinzioni tra la forma singolare e quella plurale) composto da due kanji, (gei) che significano "arte" e (sha) che vuol dire "persona"; la traduzione letterale, quindi, del termine geisha in italiano potrebbe essere "artista", o "persona d'arte".

Un altro termine usato in Giappone per indicare le geisha è geiko (芸妓?), tipico del dialetto di Kyōto. Inoltre la parola "geiko" è utilizzata nella regione del Kansai per distinguere le geisha di antica tradizione dalle onsen geisha (le "geisha delle terme", assimilate dai giapponesi alle prostitute perché si esibiscono in alberghi o comunque di fronte ad un vasto pubblico, vedi più sotto).

L'apprendista geisha è chiamata maiko (舞妓?); la parola è composta anche in questo caso da due kanji, (mai), che significano "danzante", e o (ko), col significato di "fanciulla". È la maiko che, con le sue complicate pettinature, il trucco elaborato e gli sgargianti kimono, è diventata, più che la geisha vera e propria, lo stereotipo che in occidente si ha di queste donne. Nel distretto di Kyoto il significato della parola "maiko" viene spesso allargata ad indicare le geisha in generale.

Storia

Le prime figure presenti nella storia del Giappone che potremmo in qualche modo paragonare alle geisha sono le cosiddette saburuko: esse erano cortigiane specializzate nell'intrattenimento delle classi nobili, che ebbero il loro apice attorno al VII secolo per poi scomparire pochi secoli più tardi, soppiantate dalle juuyo, ossia prostitute di alto bordo, che ebbero più successo tra gli aristocratici.

Per cominciare però a parlare di una figura simile all'odierna "donna d'arte", dobbiamo aspettare fino al 1600, quando alle feste importanti, dove erano chiamate le juuyo, presero a partecipare le prime geisha, che in principio erano uomini. Anche se può sembrare strano, queste figure maschili avevano il compito di intrattenere con danze, balli e battute di spirito gli ospiti e le juuyo partecipanti, qualcosa di simile ai nostri giullari e buffoni medioevali. Col passare degli anni, circa attorno alla metà del secolo successivo, cominciarono a comparire le prime donne geisha, che presero rapidamente piede, contrapponendo alle rudi figure degli uomini la grazia della figura e dei movimenti femminili. Fatto sta che donne geisha furono così tanto richieste che in pochi anni soppiantarono i loro antenati uomini, acquistando l'esclusiva su questa professione.

Quando nel 1617, durante il periodo Edo, Tokugawa Hidetada, secondo shōgun dello Shogunato Tokugawa, rese la prostituzione legale in tutto il Giappone, bordelli e case di piacere si moltiplicarono a dismisura nelle città; poiché in questi anni la professione della geisha era ancora in via di assestamento, spesso questa figura e quella della prostituta si confusero. Infatti, anche se alle geisha fu subito proibito di acquistare la licenza di prostituzione[2], il controllo non era molto stretto. Fu solo nel XIX secolo, quando ormai le geisha avevano completamente soppiantato le juuyo, che si cominciarono ad emanare leggi più precise in tale proposito; in tutte le principali città del Giappone (Kyōto e Tokyo in particolare) furono approntati dei quartieri, detti hanamachi (花街? "città dei fiori"), perché in essi vi potessero sorgere le case da té (ochaya) e gli okiya (le case delle geisha), ben distinti dai bordelli, dove le geisha avrebbero potuto svolgere la loro professione, distinguendola definitivamente da quella delle prostitute. I primi hanamachi furono quelli di Kyoto, capitale imperiale, che avevano nome Yoshiwara e Shimabara.

Katsushika Hokusai, "L'onda" (Tsunami), 1826.

Nel frattempo, in Europa e nel mondo occidentale, il Giappone stava cominciando a fare la sua comparsa nella cultura popolare. Il fenomeno denominato giapponismo, infatti, alla fine dell'800 dilagò in tutto il continente, poiché le navi mercantili inglesi si trovarono d'improvviso davanti ad un porto nuovo, che fino ad allora era stato chiuso ai loro commerci: il Giappone, appunto, che tra il 1866 e il 1869, con un radicale cambiamento politico, pose fine al lungo periodo di isolamento che aveva caratterizzato la sua politica estera fino a quel momento, aprendosi alle importazioni occidentali ed esportando in occidente molte stampe ukiyo-e, che furono immediatamente molto conosciute.

Artisti come Manet, Van Gogh, Klimt e tutto il movimento impressionista furono profondamente influenzati da queste stampe che, sebbene fossero eseguite da artisti contemporanei, si rifacevano a tradizioni pittoriche antichissime, che non si curavano tanto dei volumi e delle prospettive quanto del colore. Il tratto semplice e netto, privo di chiaroscuro, e la stesura omogenea dei colori, sempre smaglianti e chiari, furono aspetti che piacquero molto, all'epoca, poiché rendevano queste stampe (spesso applicate su tavole lignee) estremamente decorative. Il soggetto nipponico, quindi, cominciò spesso ad essere rappresentato anche da artisti europei, come Claude Monet, che dipinse la moglie con il kimono e il ventaglio, o lo stesso Van Gogh, che nel 1887 dipinse "La cortigiana", il ritratto di una donna nei tipici costumi nipponici.

Yoshimachi Geisha.jpg

Il Giappone, insomma, aveva cominciato ad influenzare un po' tutti gli aspetti della vita quotidiana europea (furono rappresentate opere musicali sul tema, come The Mikado e la Madama Butterfly di Puccini, e all'inizio del '900 si affermò la moda dei kimono, indossati dalle signore bene di tutta Europa), ma la sua cultura, come spesso accade, fu travisata. In particolare la figura della geisha, appunto, che agli occhi degli occidentali divenne una donna sensuale e provocante, un'artista del sesso, che rifletteva quella rivolta contro il puritanesimo vittoriano che in quegli anni cominciava a svilupparsi maggiormente.

Lo spirito, infatti, con cui i soldati americani sbarcarono sulle coste giapponesi, nella Seconda guerra mondiale, rifletté subito quest'idea distorta che gli occidentali avevano delle geisha. Costoro, infatti, si aspettavano prostitute di classe, donne completamente asservite all'uomo e desiderose di compiacerlo. Ma questa immagine che si erano portati dietro, non corrispondeva alla realtà, dove le geisha rappresentavano invece gli unici esempi nella civiltà giapponese di donne emancipate e "libere", tutto il contrario di come erano state dipinte.

Nonostante questo, il mito della geisha prostituta, sottomessa e servile non terminò affatto con la fine del conflitto. Contribuì il fatto che, per compiacere i soldati, gli alti ranghi delle forze armate assunsero un vero e proprio esercito (più di 60.000 secondo lo storico orientalista John W. Dower) di prostitute, chiamate geisha girls, che contribuirono sia ad intrattenere gli uomini che a banalizzare ancor più la figura della geisha vera e propria. Difatti, dopo la vittoria americana, si cominciò a sviluppare, nella neonata Hollywood, un filone cinematografico molto prolifico, teso a ridisegnare ancora una volta la figura di queste donne, stavolta come arma anti-femminista. Le donne, infatti, che avevano preso il posto dei mariti, partiti per il fronte, negli enti pubblici e privati, rivendicavano ora con forza i loro diritti, e quale modo migliore di stroncare questi moti se non far tornare di moda la figura di una donna amorevole e sottomessa? Ecco che l'uomo torna, dopo la liberazione dal vittorianesimo, a rifugiarsi in oriente, per sentirsi servito e riverito.

Solo di recente, complice l'editoria, con la pubblicazione di molti volumi e romanzi sull'argomento (sicuramente importante il celebre Memorie di una geisha di Arthur Golden), e la cinematografia, si sta riscoprendo la vera storia di queste donne, che non poteva essere più lontano da quanto fino ad oggi è stato creduto.

Le geisha ieri: l'educazione

Tradizionalmente le geisha cominciavano il loro apprendimento in tenerissima età. Anche se alcune bambine venivano e vengono ancora vendute da piccole alle case di geisha ("okiya"), questa non è mai stata una pratica comune in quasi nessun distretto del Giappone. Spesso, infatti, intraprendevano questa professione in maggior numero le figlie delle geisha, o comunque ragazze che lo sceglievano liberamente.

Due maiko che danzano con il ventaglio. Kamogawa, Tokyo.

Gli okiya erano rigidamente strutturati; le fanciulle dovevano attraversare varie fasi, prima di diventare maiko e poi geisha vere e proprie, tutto questo sotto la supervisione della "oka-san", la proprietaria della casa di geisha.

Le ragazze nella prima fase di apprendimento, ossia non appena arrivano nell'okiya, sono chiamate "shikomi", e venivano subito messe a lavoro come domestiche. Il duro lavoro al quale erano sottoposte era pensato per forgiarne il carattere; alla più piccola shikomi della casa spettava il compito di attendere che tutte le geisha fossero tornate, alla sera, dai loro appuntamenti, talvolta attendendo persino le due o le tre di notte. Durante questo periodo di apprendistato, la shikomi poteva cominciare, se la oka-san lo riteneva opportuno, a frequentare le classi della scuola per geisha dell'hanamachi. Qui l'apprendista cominciava ad imparare le abilità di cui, diventata geisha, sarebbe dovuta essere maestra: suonare lo shamisen, lo shakuhachi (un flauto di bambù), o le percussioni, cantare le canzoni tipiche, eseguire la danza tradizionale, l'adeguata maniera di servire il tè e le bevande alcoliche, come il sake, come creare composizioni floreali e la calligrafia, oltre che imparare nozioni di poesia e di letteratura ed intrattenere i clienti nei ryotei.

Una volta che la ragazza era diventata abbastanza competente nelle arti delle geisha, e aveva superato un esame finale di danza, poteva essere promossa al secondo grado dell'apprendistato: "minarai". Le minarai erano sollevate dai loro incarichi domestici, poiché questo stadio di apprendimento era fondato sull'esperienza diretta. Costoro per la prima volta, aiutate dalle sorelle più anziane, imparavano le complesse tradizioni che comprendono la scelta e il metodo di indossare il kimono, e l'intrattenimento dei clienti. Le minarai, quindi, assistevano agli ozashiki (banchetti nei quali le geisha intrattevano gli ospiti) senza però partecipare attivamente; i loro kimono, infatti, ancor più elaborati di quelle delle maiko, parlavano per loro. Le minarai potevano essere invitate alle feste, ma spesso vi partecipavano come ospiti non invitate, anche se gradite, nelle occasioni nelle quali la loro "onee-san" (onee-san significa "sorella maggiore", ed è l'istruttrice delle minarai) era chiamata. Abilità come la conversazione e il giocare, non venivano insegnate a scuola, ma erano apprese dalle minarai in questo periodo, attraverso la pratica. Questo stadio durava, di solito, all'incirca un mese.

Dopo un breve periodo di tempo, cominciava per l'apprendista il terzo (e più famoso) periodo di apprendimento, chiamato "maiko". Una maiko è un'apprendista geisha, che impara dalla sua onee-san seguendola in tutti i suoi impegni. Il rapporto tra onee-san e imoto-san (che vuol dire "sorella minore") era estremamente stretto: l'insegnamento della onee-san, infatti, era molto importante per il futuro lavoro dell'apprendista, poiché la maiko doveva apprendere abilità rilevanti, come l'arte della conversazione, che a scuola non le erano state insegnate. Arrivate a questo punto, le geisha solitamente cambiavano il proprio nome con un "nome d'arte", e la onee-san spesso aiutava la sua maiko a sceglierne uno che,secondo la tradizione deve contenere la parte iniziale del suo nomee che secondo lei, si sarebbe adattato alla protetta.

La lunghezza del periodo di apprendistato delle maiko poteva durare fino a cinque anni, dopo i quali la maiko veniva promossa al grado di geisha, grado che manteneva fino al suo ritiro. Sotto questa veste, adesso, la geisha poteva cominciare a ripagare il debito che, fino ad allora, aveva contratto con l'okiya; l'addestramento per diventare geisha, infatti, era molto oneroso, e la casa si accollava le spese delle sue ragazze a patto che queste, lavorando, ripagassero il loro debito. Queste somme erano spesso molto ingenti, e a volte le geisha non riuscivano mai a ripagare gli okiya.

Le geisha oggi

Una via dell'hanamachi di Gion, a Kyōto.

Ai giorni nostri, il rituale di formazione ed educazione della geisha non è molto diverso da quello di cento anni fa. Le discipline in cui ogni geisha si deve specializzare sono le medesime, e la serietà con cui vengono offerte è sancita dal kenban (検番 ?), una sorta di albo professionale che obbliga coloro che vi sono iscritte al rispetto di regole morali ed estetiche molto severe, dall'abbigliamento, al trucco, allo stile di vita.

Il loro salario, inoltre, è fissato da organi statali appositamente adibiti; a costoro la geisha deve far sapere a quali incontri ha partecipato e per quanto tempo, perché essa possa ricevere lo stipendio in base al numero di clienti ed al tempo, e perché l'ufficio possa mandare il conto al cliente. In questo modo le geisha non sono più legate economicamente all'okiya, che per legge non può più far contrarre dei debiti alle sue geisha. Il tempo che viene loro pagato è misurato in base a quanti bastoncini di incenso bruciano durante la loro presenza, ed è chiamato senkōdai (線香代? "compenso del bastoncino d'incenso") o gyokudai (玉代? "compenso del gioiello"). A Kyoto, invece, si preferiscono i termini ohana (お花? "compenso del fiore") e hanadai (花代? con lo stesso significato).

Come si è detto precedentemente, le geisha stanno man mano scomparendo. La ragione principale, infatti, del successo delle geisha in passato va trovata nella passata posizione sociale della donna, soprattutto nel periodo Kamakura; essa doveva, infatti, rimanere confinata in casa, e riceveva un'educazione molto approssimativa, che non permetteva loro di conversare e di interessare adeguatamente i loro uomini. La geisha, perciò, compensava una figura femminile poco attraente, assolutamente sottomessa all'uomo e totalmente priva di una propria personalità, fornendo all'uomo quell'interesse che egli non riusciva a trovare tra le mura della propria abitazione. Ed è proprio la mutata condizione sociale della donna dei giorni nostri che sta facendo scomparire la figura della geisha. Le scuole stanno chiudendo una dietro l'altra e le ragazze iscritte sono in numero sempre minore, poiché il duro tirocinio a cui devono sottostare non è più gradito alle nuove generazioni.

Mameyoshi and Fukunami.jpg

Ancora oggi, comunque, le geisha esistono, sebbene in minor numero. Le comunità che resistono sono principalmente quella di Tokyo e quella di Kyōto, la più importante. In quest'ultima esistono cinque hanamachi, i più famosi ed importanti dei quali sono quelli di Gion (diviso in Gion Kobu e Gion Higashi) e di Pontochō (gli altri due sono Miyagawacho e Kamishichiken), mentre Tokyo ne conta sei, anche se di minore importanza, Shimbashi, Akasaka, Asakusa, Yoshicho, Kagurazaka e Hachioji. Le geisha di Kyōto vivono ancora nei tradizionali okiya, e persistono figure come l'oka-asan, mentre fuori da questa città sempre più spesso queste decidono di vivere indipendentemente, in appartamenti nell'hanamachi o nei suoi pressi.

Le giovani donne che desiderano diventare geisha cominciano il loro addestramento sempre più tardi, dopo aver terminato un primo piano di studi nelle scuole statali, o persino l'università. Questo accade specialmente nelle città più popolate e aperte alla cultura occidentale, come Tokyo, dove le geisha sono, in media, più anziane rispetto a quelle di altre città.

Nel moderno Giappone è raro vedere geisha e maiko all'esterno del loro hanamachi. Nel 1920, infatti, c'erano più di 80.000 geisha in tutto il Giappone, ma oggi sono molte meno; il numero esatto non è noto se non alle geisha stesse (che sono molto protettive nei confronti del mistero che, anche nello stesso Giappone, aleggia attorno alla loro figura), ma si stima non siano più di un paio di migliaia. Molte di loro, inoltre, sono ormai quasi solamente un'attrazione turistica. La diminuzione dei clienti, infatti, con l'avvento della cultura occidentale, e la grande spesa che occorre pagare per ottenere l'intrattenimento di una geisha, hanno contribuito al declino delle antiche arti e tradizioni, che oggi sono difficili da trovare.

Geisha e prostituzione

Geisha in Kyoto.jpg

Come già accennato in precedenza, esiste oggi molta confusione, specialmente fuori dal Giappone, riguardo alla natura della professione della geisha; nella cultura popolare occidentale, le geisha sono frequentemente scambiate con prostitute di lusso. L'equivoco, che ha cominciato a diffondersi dal periodo dell'occupazione americana del Giappone, nella cultura cinese è, se possibile, ancor più marcato; in cinese, infatti, la parola geisha è tradotta con il termine yì jì (艺妓), dove (妓) ha il significato, appunto, di "prostituta".

Le geisha sono state spesso confuse con le cortigiane di lusso, chiamate oiran. Come le geisha, queste portano elaborate acconciature e tingono il viso di bianco; ma un semplice modo per distinguerle è che le oiran, portano l'obi (la cintura a fiocco legata in vita nel kimono) sul davanti, mentre le geisha lo portano a contatto con la schiena. La differenza, probabilmente, è dovuta al fatto che per le prime, dovendosi svestire spesso, l'obi risulterebbe in una posizione meno difficoltosa da rifare una volta finita la prestazione.

Un tipo particolare di geisha è costituito dalle cosiddette onsen geisha, "geisha delle terme". Costoro, infatti, sono geisha che lavorano negli onsen, ossia gli stabilimenti termali del Giappone, oppure più genericamente nei villaggi e nei luoghi turistici; sono viste molto male dai giapponesi, che le considerano quasi alla stregua delle prostitute, poiché, lavorando per i grandi alberghi, si esibiscono in danze e canti per un vasto pubblico, invece che per la ristretta cerchia di intenditori, come fa una geisha vera e propria, e ovviamente non sono iscritte al kenban.

Relazioni interpersonali e danna

Le geisha sono donne nubili, e possono decidere di sposarsi solo ritirandosi dalla professione. Se anche gli impegni di una geisha possono includere anche intrattenimenti di tipo amoroso, questo non è previsto nella sua professione. Una vera geisha non viene pagata per fare sesso, anche se può scegliere di avere relazioni con uomini incontrati durante il suo lavoro, sebbene mantenute al di fuori del contesto del suo lavoro come geisha.

Era uso nel passato che una geisha, per stabilirsi, prendesse un danna, o patrono. Tradizionalmente il danna era un uomo ricco, talvolta sposato, che aveva i mezzi per accollarsi le enormi spese di cui il lavoro di geisha abbisognava; anche oggi la tradizione del danna è viva, in Giappone, ma solo qualche geisha ne sceglie uno.

Anche se succedeva spesso che una geisha ed il suo danna si innamorassero, il sesso non era richiesto come pagamento per il supporto finanziario che il danna elargiva. Le convenzioni e i valori che si celavano dietro questo particolare rapporto sono molto intricate, sconosciute ed incomprensibili agli occidentali, come a molti giapponesi stessi.

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Pubblicità marziali :)

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Tornando alle origini

Parliamo spesso di Aikido, Judo, Karate, jujitsu e chi più ne ha più ne metta, ognuna di queste discipline con la propria peculiarità, ma una volta esisteva solo il Budo la via del guerriero.

Tutto nasceva dalla necessità di uscire vincitori o morire in battaglia; dovevi essere in grado di combattere corpo a corpo, a mani nude o con qualunque arma a disposizione questa era l’Arte Marziale.

Ogni tanto con i compagni di pratica si parla di questo e si ipotizza di poter sperimentare la coesistenza di tutte queste discipline e di quanto potrebbero essere propedeutiche alla nostra. Ebbene guardate questo video, potrete cogliere quanto c’è di comune.

Il potagonista è Kenji Ushiro sensei, maestro di karate di Okinawa stile Shindo Ryu.

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Aikido libero e consapevole

La lettura si preannuncia interessante, se non altro perchè il libro è scritto da un praticante come noi che si pone domande che potrebbero essere le nostre e quelle pagine potrebbero farci riflettere.

Buona lettura.

 

Aikido libero e consapevole di Gabriele Pintaudi

 

Titolo: Aikido libero e consapevole

  • Autore: Gabriele Pintaudi
  • Collana: Saggistica
  • Data di uscita: Febbraio 2012
  • Pagine: 140
  • ISBN: 9788866186540

Cos’è un’arte marziale? Perché praticarla? Questo testo non parla solo di aikido, ma rappresenta una chiarissima guida per allievi e insegnanti che stanno compiendo un percorso nella loro disciplina, e vogliono approfondirne le ragioni. Trattasi di una guida rivoluzionaria e originale, che tocca temi che spaziano dalla psicologia alla didattica, e affrontano argomenti spesso dati per scontati e non approfonditi a dovere nelle arti in generale. L’obiettivo è il risveglio dell’intelligenza, dell’intuizione, della sensibilità, scavando in profondità attraverso descrizioni spesso anche pungenti e dirette. Lo scopo è quello di fare chiarezza, di aiutare la gente ad aprire gli occhi e guardarsi dai falsi maestri, di ritrovare la semplicità nelle cose, di capire chi è la nostra guida e chi sono i nostri compagni, cercando di comprendere se sono persone serie o meno. L’arte marziale è uno strumento per conoscersi, e questo libro offre gli strumenti per far si che ciò avvenga in modo più chiaro e immediato possibile.

 

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Stage 10 Marzo 2012

 

ASSOCIAZIONE “AISHIN”

 

 

 

AIKIDO

 

PRESSO LA PALESTRA

LUDUS MAGNUS

 

VIA LEONCAVALLO 4 -NICHELINO

Tel. 0116995187

 

SABATO 10 MARZO 2012

DALLE ORE 14,30 ALLE ORE 17,00

 

STAGE libero a tutti

Coordinato dal maestro Pino Gramendola 6° Dan

 

OBBLIGATORIO MUNIRSI DI CALZINI PER PRATICARE L’USO DELLE ARMI

 

Durante la svolgimento dello stage sarà riservato uno spazio dedicato ai candidati per i prossimi esami.

Si raccomanda la massima partecipazione.

Portare Jo, boken, tanto e Aikido-pass precompilato con data, luogo dello stage

N.B.:tutti i partecipanti devono essere in possesso della tessera di iscrizione al proprio ente di promozione sportiva valida per l’anno 2012.

 

N.B. Per informazione tel. 3396431125

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Oyo Henka

Il maestro Saotome sull'Oyo Henka, l'utilizzo costruttivo della resistenza alla tecnica.

Dura un'oretta.

 

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il bonsai

Il termine "bonsai" è giapponese ed è costituito dai due ideogrammi 盆栽: il primo significa vassoio o contenitore (bon), mentre il secondo (sai) significa educare e, in senso lato, il coltivare.

Questi alberi in vaso possono essere paragonati a normali piante che sono state "semplicemente" coltivate in maniera migliore ovvero con cure e attenzioni delle quali generalmente altre piante non necessitano. Per rendere la pianta nel suo complesso più forte e adatta a sopravvivere in spazi ristretti, si procede alla potatura delle radici fittonanti (quelle che penetrano in profondità nel terreno), al rinvaso periodico e ad adeguate potature dei rami.

I bonsai, sia come senso estetico naturale sia come la filosofia orientale suggerisce, devono seguire degli stili ben precisi accomunati dalla conicità del tronco, dalla dimensione ridotta delle foglie e soprattutto dalla naturalezza della pianta stessa, che nel suo insieme (vaso compreso) ha lo scopo di riprodurre la natura in piccole dimensioni.

È sbagliato pensare che i bonsai soffrano nei vasi: è solo un'impressione che si ha, a causa delle forme spesso contorte o delle parti di legno secco create appositamente per dare un effetto di vetustà alla pianta. Se un bonsai soffrisse non arriverebbe a fiorire o addirittura a fruttificare.

La tecnica bonsai, nata in Cina e perfezionata in Giappone, è legata a quello che gli Orientali chiamano seishi: l'arte di dare una forma, di coltivare, il praticare le tecniche più svariate sempre nel rispetto della pianta. I bonsai sono dunque natura viva, piccoli alberi che malgrado le dimensioni contenute esprimono tutta l'energia che è racchiusa in una pianta grande. Alcuni bonsai vengono curati ed educati in modo da creare scene comuni come la pesca o la caccia.[senza fonte]

Gli orientali definiscono il bonsai come l'unione della natura con l'arte, così come il teatro e la danza classica sono per i giapponesi la sintesi di musica e storia. A differenza dell'Ikebana, l'arte di comporre i fiori, il bonsai non si può insegnare con formule esatte o regole matematiche, ma con i comuni principi di botanica, senso estetico e una buona dose di pazienza.

Per esigenze didattiche i maestri giapponesi hanno stabilito regole e principi di bellezza che hanno permesso ai neofiti di seguire un percorso preciso e facilitato per creare un bonsai.

Come in ogni arte esistono veri e propri capolavori, anche plurisecolari e dal valore inestimabile; a differenza di altre attività artistiche, nell'arte Bonsai il soggetto è in continua (e lenta) evoluzione. Oltretutto nel caso di Bonsai famosi, sulla stessa pianta, nel corso del tempo, intervengono diversi maestri e collezionisti, rendendo l'opera indipendente dall'artista che l'ha creata (o raccolta).

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manga

Tipologie di Manga

In questo post ecco le tipologie di manga presenti in Giappone, oggi cercherò di dettagliarne alcune.
Kodomo (dal giapponese Kodomo che significa bambino): serie di pubblicazioni infantili che sono indicate per i più piccoli come per esempio Gakkou no Kaidan (storia di fanstasmi) ed Hello Kitty. A volte però anche gli adulti si interessano a queste serie.

Shonen (kanji: 少年, hiragana: しょうねん): significa letteralmente "giovane" (uomo) ma il termine si può utilizzare per riferirsi a manga che sono indicati per ragazzi adolescenti anche se a volte attraggono anche le ragazze. Solitamente ci sono lotte e grandi dosi di azione oppure scene romantiche viste con gli occhi di un ragazzo. Alcuni esempi sono Gundam Wing, Dragon Ball ed Inuyasha. I manga diretti ai ragazzi adolescenti sono raggruppati in occidente agli Seinen.

Shōjo (kanji: 少女, hiragana: しょうじょ): è il tipo di manga indicato per le ragazze però a volte vengono comprati anche dai ragazzi. La parola significa "ragazza giovane". Tradizionalmente lo "shōjo puro" si incentra su una grande storia d'amore e un forte protagonismo femminile però esistono anche storie con un discreto quantità di azione e dove i protagonisti sono sia ragazzi che ragazze (soprattutto il sottogenere dedicato alla magia). Per esempio Sailor Moon combina elementi di "shōjo puro" con elementi di azione. Spesso gli shōjo includono al loro interno anche storie shōnen-ai o yaoi. Altre forme per scrivere shōjo sono: shojo, shôjo y shoujo. Secondo alcuni questa tipologia di manga deriva dall'epoca di Osamu Tezuka.

Seinen (青年): è una sottocategoria di manga il cui obiettivo è quello di attrarre un pubblico maschile di diciotto anni o più. L'equivalente femminile è il josei. Un modo molto comune per identificare un seinen manga e per non confonderlo con uno Shonen è quello di controllare se nei dialoghi i kanji sono tradotti anche in kana (hiragana o katakana). La carenza di kana sta ad indicare che tale manga è destinato ad un pubblico adulto. Altro modo per distiguere queste due tipologie di manga è vedere il nome della rivista dove essi vengono pubblicati. Se sono Shonen solitamente vengono pubblicati su riviste che nel nome hanno la parola Young altrimenti hanno la parola Seinen.

Josei (女性) : letteralmente donna, anche conosciuto come redīsu (レディース) o redikomi (レディコミ) che significano letteralmente fumetti per donne. E' un genere di manga creato principalmente per le donne sia giovani che adulte. Le storie trattano di esperienze giornaliere vissute dalle donne che vivono in Giappone. Alcune di queste trattano i problemi che le donne incontrano nel prepararsi all'università.

martedì, gennaio 23, 2007

Tipologie di manga

Kanji MangaOggi vi voglio illustrare le varie tipologie di Manga che si possono incontrare.
Suddivise per target di utenza:
– kodomo manga (per i bambini)
– Shōnen manga (per i maschi adolescenti)
– Shōjo manga (per le femmine adolescenti)
– Seinen manga (per i maschi adulti)
– Josei manga (per le femmine adulte)
Per genere:
– Gekiga (drammatico)
– La nouvelle manga (Unione di storie francesi e manga)
– Semi-alternativo
– Harem manga (un ragazzo circondato da molte donne)
– Mahō Shōjo (una ragazza che si trasforma o possiede poteri speciali)
– Moé (come Mahō Shōjo)
– Mecha (Robots giganti)
– Shōjo-ai (Romanzo lesbico)
– Shōnen-ai (Romanzo gay)
– Dōjinshi (Manga creato per gli affezionati)
Hentai: E’ il nome che si da al manga erotico e pornografico in occidente, in Giappone è conosciuto anche come seijin manga o ecchi. A sua volta, questo tipo di manga, si suddivide in categorie che servono anche per catalogare videogiochi o anime:
Softcore:
• Loli-con (ragazze)
• Shōta-con (ragazzi)
• Yuri (tematica lésbica)
• Yaoi (tematica gay)
Hardcore:
• Futanari (ermafroditi)
• Ero-guro (erotico grottesco)

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christian Tissier

Christian Tissier è nato 7 febbraio 1951 a Parigi. Ha iniziato a praticare Aikido nel 1962 con Jean-Claude Tavernier, e presto, con il maestro Nakazono.

1975, C.TISSIER studiato presso l'Aikikai di Tokyo

1975, Maestro Seigo Yamaguchi e C.TISSIER.

Christian Tissier afferma subito come un professionista eccezionalmente dotato e secondo dan sarà assegnato a lui dal suo maestro nel 1968, quando aveva appena compiuto appena 17 anni, confermerà. E fu nel gennaio del 1969 che ha realizzato il suo sogno di andare in Giappone, il centro mondiale per la spalla a spalla con i maggiori esperti nella disciplina che ha scelto volontariamente: aikido, e in treno con loro. Partito per un soggiorno di 6 mesi, resterà in vigore sette anni nella terra del sol levante.

Ha praticato con tutti i maestri del Aikikai e soprattutto con Doshu e Seigo Yamaguchi, dove divenne il discepolo prediletto, Mitsugi Saotome Sensei e l'adorato Osawa, Direttore Tecnico del Aikikai.

1975, Doshu Ueshiba Kishomaru con C.TISSIER

1970, combattenti e campioni Gym Mejiro a Tokyo. Kimura – Shima – Fujiwara. All'estrema destra, accanto al C.Tissier, alla fine del Partick Brizon pioniere Kik Boxing in Francia, ha lasciato fotografo Vicnovas.

Ha praticato anche il kenjutsu e anche kick-boxing per divertimento, solo per affrontare una "sport di contatto".

Al di fuori delle arti marziali in aula, Christian Tissier studio giapponese presso la "Scuola della lingua giapponese, Tokyo" e "Sophia University". Parallelamente e per sostenere se stesso, ha insegnato liceo francese e franco-giapponese Institute of Tokyo.

Approfondimento della cultura giapponese

1976, Creazione del TISSIER Circle

Si tratta di 4 ° dan quando decide di tornare in Francia nel mese di luglio 1976. Egli ha creato in Vincennes, vicino Parigi, Cercle Christian Tissier, dove molti insegnanti saranno formati e la maggior parte del FFAAA tecnici delegati.

Sempre presente in Giappone, l'Aikikai gli ha assegnato il 5 ° dan nel 1981 e 6 ° Dan nel 1986. Il Comitato Nazionale di gradi francesi Interfederal emetterà il 7 ° dan nel 1997 e il 7 ° Dan Aikikai sarà presentato dal Maestro Doshu Ueshiba Kisshomaru, se stesso, nella sua casa in presenza del suo successore, il figlio Moriteru Ueshiba, nel mese di gennaio nel 1998.

1997, consegnato al settimo Dan Christian Tissier

 

 

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