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Aikido perchè è difficile

 

Aikido perchè è difficile” di William Terrell

Libera traduzione di Gianni Canetti dell’originale pubblicato su Aikido Journal

“Quello che facciamo sul tatami è sacro. E’ la vita scritta in corsivo. E’ tradizione vissuta nel presente. Aikido è il dono di O’Sensei per tutti noi…”

Non ho nozioni romantiche di cosa significhi essere un guerriero. Ho servito nel corpo dei Marines degli Stati Uniti d’America ed ho lavorato per dieci anni come sceriffo di contea.

Ho visto la morte ed I moribondi, la morte accidentale e quella deliberata. Ho visto persone  uccise con armi da fuoco, tagliate, bruciate, picchiate, strangolate, schiacciate ed anche letteralmete uccise a martellate.

Io so con quanta velocità la violenza può irrompere nella nostra quotidianità e distruggere le nostre vite. Il mio obiettivo è semplicemente quello di qualunque guerriero/padre/marito: essere preparato a proteggere e difendere me stesso, la mia famiglia e la mia comunità.

Uno dei modi che ho scelto per farlo è attraverso l’Aikido. Mi piace l’Aikido perché è difficile, perché mi sforza a cambiare, perché mi sforza ad affrontare me stesso. Il mio primo maestro era irascibile ed ostico, ma lui mi ha dato una solida base in molti principi. La sua enfasi era nelle tecniche rivolte al mondo fuori dal tatami, specialmente nello spezzare o sfruttare l’equilibrio di Uke e nel portare colpi efficaci.

Lui credeva (giustamente) che l’Aikido non fosse un gioco e nemmeno uno sport. Aikido è una questione di vita e morte. Trattarlo come qualsiasi altra cosa è una perdita di tempo ed un insulto alla memoria di O’Sensei. Quel che facciamo sul tatami è sacro. E’ la vita scritta in corsivo. E’ tradizione vissuta nel presente.

L’aikido è il dono di O’Sensei e di tutti quelli che hanno insegnato a lui, per tutti noi. Il suo dono è passato da Yamada Sensei a Dee Sensei a me. Sono stato forgiato come il successivo anello nella catena.

Molti criticano e definiscono l’Aikido come, nella migliore delle ipotesi anacronistico e nella peggiore come una perdita di tempo che instilla un falso senso di sicurezza nei suoi praticanti. O’Sensei avrebbe potuto sviluppare e diffondere l’Aikido se lui non avesse creduto nella sua efficacia? Certamente no. La mia risposta a chi critica è di salire sul tatami e rimanerci quel tanto che basta per capire cosa succede. Provare il  bruciore del Nikyo, la confusione vertiginose e la brusca inversione dell’Irimi nage, il panico del Koshi nage eseguito in piena velocità. Mettere alla prove se stessi nel randori. Capire come reagire quando affronti diversi avversari simultaneamente.  Imparare che un labbro spaccato o essere proiettato con forza non ti ucciderà. Comprendere la forza dell’Aikido prima di esprimere un giudizio.

Accettare l’Aikido come principio di vita deve essere una scelta. Una scelta ripetuta settimana dopo settimana, giorno dopo giorno. Il tatami è il campo di battaglia sul quale sconfiggiamo noi stessi, è la perseveranza , rifiutando di soccombere all’inerzia, che ci rende forti.

Settimana dopo settimana salgo sul tatami perché devo, perché questo soddisfa un bisogno primario di base ed è un modo per incanalare gli istinti guerrieri.

Non è solo il tatami, l’Aikido permea la mia vita. Anche guidare per 100 miglia è in se un atto di entrata, di essere Uke. Cercare di perfezionare il processo di risoluzione di un conflitto mentre cerchiamo/ci prepariamo per il successivo. E’ nel sapere quando spingere e quando tirare, quando entrare e quando ruotare.

Sono assolutamente preparato per qualunque cosa la vita mi scaglierà contro? Certamente no. Sono molto meglio preparato? Sicuramente lo sono.

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Matsukaze

bellissima riflessione di Inaba Sensei. Raramente ci si sofferma su quanto ci circonda e ci si rende conto di quanto aikido è costantemente sotto i nostri occhi. Meditate gente, meditate.

Matsukaze, il vento tra i pini.
Il vento soffia forte. Ma finchè gli alberi si muovono e si adattano, continuano a rimanere in piedi.
A volte prendendo forme bellissime, sulla spiaggia.
Ma il vento non lo sa.
Non soffia perché l'albero si pieghi e trovi una forma particolarmente bella.
Soffia per spazzarli via.
L'adattabilità,l'aiki, trasforma la violenza in bellezza, in arte e trova la vita laddove esiste il desiderio della morte.

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Aikido giusto o sbagliato? Quanti stili di Aikido ci sono?

Spesso ci si chiede come mai l'aikido che si vede fare da una persona può essere completamente diverso da quello di un'altra persona. Uno è giusto e uno è sbagliato?

Provo a esprimere una mia opinione.

Di certo, l'esperienza e la propria struttura fisica incidono moltissimo e sebbene la base deve essere uguale per tutti, a partire da certi livelli di padronanza (che secondo me possono arrivare prima o anche molto dopo aver conseguito il primo livello di cintura nera) si inizia volenti o nolenti a "interpretare" l'aikido alla luce di quanto si è capito e di cosa si può esprimere.

Storicamente, gli allievi di O-sensei arrivavano dalle più disparate arti marziali e ognuno assimilava una parte dell'aikido del fondatore.

Morihei Ueshiba stesso creò l'aikido a partire dal Daito-Ryu Akijujutsu, scuola guerriera da cui è partito per poi formare l'insieme di tecniche che compongono l'aikido.

Alcuni di questi allievi facevano parte di una cerchia interna privilegiata (gli uchi-deshi) che vivevano a stretto contatto con il fondatore e potevano studiare in maniera più approfondita tutti gli aspetti di quest'arte marziale.

Si dice che O-sensei difficilmente spiegava le tecniche; le dimostrava e basta. Tutte le spiegazioni erano su base filosofica, più che su come andasse eseguita la tecnica.

Un praticante che ha già una base di un altra arte marziale, inevitabilmente tende a fondere gli aspetti di queste discipline e quindi praticanti molto diversi iniziano a manifestare un aikido piuttosto diverso. 

Queste persone trasmettono una base comune e un' interpretazione diversa della stessa disciplina.

Se questo nasce già dai grandi maestri, figuriamoci poi le strade che possono prendere i successivi allievi.

L'aikikai rappresenta lo stile ufficiale, la base se vogliamo.

L'Iwama Ryu (o Takemusu Aikido) viene ritenuto quello più autentico e vicino a quello del fondatore.

Poi tra i più noti ci sono lo Yoshinkan e il Ki-aikido, giusto per citarne alcuni,

Quindi trovo piuttosto naturale vedere impostazioni ed esecuzioni differenti quando ci si confronta con gli altri praticanti, ma definire quale sia l'aikido giusto o l'aikido sbagliato (tranne che per le evidenti eccezioni del caso, dove chiaramente quel che si pratica non è più aikido e manca la base vera e propria) diventa piuttosto un "fai parte del mio circolo" o "non fai parte del mio circolo".

Fai la tecnica nel modo Aikikai o nello stile IWAMA? Stile duro o morbido? realistico o farlocco? Fai parte della federazione grande o di quella piccola?

Trovo che separare, quando alla base ci dovrebbe essere l'unione, non sia una gran cosa, e spesso ci si scorda che si è partiti tutti dalla stessa radice.

Fortunatamente non ragionano tutti allo stesso modo e spesso si incontrano o si vedono maestri e praticanti che vanno oltre queste divisioni e finalmente si può praticare la via dell'armonia 🙂

E per l'aikido in italia?

Qui si trova un approfondimento al riguardo, che dimostra anche quanto sia stata articolata e interessante la sua evoluzione nel nostro paese,

 

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