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Ecco un articolo di un mio amico maestro di aikido sul Jo

Ecco un articolo di un mio amico maestro di aikido sul Jo

L’eleganza del Jo: la mia relazione col bastone dell’Aikido

La derivazione dell’Aikido di antichissime arti quali lo “yari jutsu” (uso della lancia dritta) e del “naginata jutsu” (lancia curva ) è evidente nella pratica di esercizi basati sull’uso di un bastone diritto, lungo generalmente 126/128 cm, detto “jo”.

La peculiarità di questo strumento, secondo la leggenda in grado di disarmare un samurai armato di katana, sta nella fluidità di movimento e nell’adattabilità alle altrui tecniche, creando un contatto con il compagno di turno tramite una sorta di “estensione del proprio braccio”.

 

Il bastone nella storia dell’umanità ha assunto le forme e le dimensioni più disparate: dalle clave a lunghi bastoni appuntiti, dalle armi classiche del kung-fu alla coppia di bastoni tipica dell’escima/kali filippino. Ciò che mi affascina da quando maneggio questo strumento, di diversa tipologia e tradizione,  è ciò che offre a chi lo impugna, ossia di migliorare le proprie abilità non solo di combattente, ma soprattutto di uomo. Maggiori capacità coordinative, maggior sensibilità e cognizione della distanza, del tempismo e una particolare eleganza dettata dalle movenze col jo dell’aikido, rendono il praticante un tutt’uno con lo strumento nato prettamente per fini difensivi.

Ciò che ho riscontrato in questi anni di aikidoka ma soprattutto negli ultimi tempi in cui ho iniziato a insegnare questa nobile arte giapponese, il bastone è diventato uno strumento di crescita, un perfetto mezzo per entrare in relazione più profonda con me stesso e con chi mi sta di fronte. L’armonizzazione (awase) del praticante col jo è allenabile individualmente nei suburi (colpi fondamentali codificati) e nei kata (esercizi formali codificati), ma la bellezza di trovare armonia con il compagno turno, all’apparenza sottoforma di coordinazione e giusto tempismo, è ancor più rara e proprio per questo così meravigliosa quando la si raggiunge… Impugnare il jo nel ruolo di uke (colui che attacca) o di tori (chi si difende) poco importa, ciò che mi entusiasma ogni volta che ne faccio uso è l’eleganza che a poco a poco acquisisco muovendomi nello spazio in sintonia col partner, donandomi quella sensazione palpabile di serenità che accarezza corpo-mente-spirito e che auguro a ogni marzialista d’ottenere, prima o poi, nel proprio “do”.

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osvaldo

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