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NINJA i guerrieri dell’ombra

 

Ninja (忍者?) è un termine giapponese che indica una spia del Giappone feudale (dal 1185 al 1868 circa). Il ninja è per definizione l’esperto nelle tecniche militari di strategia e intelligence che prendono il nome di ninjutsu e che hanno una lunga storia. Tuttavia, le fonti storiografiche ed enciclopediche giapponesi riferiscono che il termine ninja ha conosciuto una diffusione significativa solo dopo gli anni cinquanta, a partire cioè dalla popolarizzazione – principalmente attraverso manga e trasmissioni televisive – di personaggi conosciuti con questo nome nella letteratura e nel teatro di intrattenimento della tarda epoca Edo (1601 – 1868). Bisogna quindi distinguere il personaggio del ninja, ormai ben noto anche in occidente, dai guerrieri e militari anche molto famosi che negli scontri sanguinosi del medioevo giapponese utilizzarono metodi spionistici(avvalendosi talvolta dell’aiuto di esperti noti come ninjutsutsukairappashinobimetsuke e altri appellativi). Il mito del ninja merita nondimeno la giusta attenzione per il suo significato e il successo che ha riscosso e continua a riscuotere in Giappone e soprattutto all’estero.

Etimologia [modifica]

“Ninja” è la lettura “on” dei due kanji 忍者 utilizzati per scrivere shinobi-no-mono (忍ノ者?) un termine nativo giapponese utilizzato per descrivere una persona che praticava ilninjutsu. Tra i sinonimi di ninja vi sono i termini kanja (間者?), shinobi (?) e shinobi no mono (忍ノ者?). In epoca Tokugawa anche il termine Oniwaban (御庭番?) o “custode dei giardini” della dimora shogunale divenne sinonimo di spia. Secondo alcune fonti di tenore romanzesco le spie di sesso femminile avrebbero avuto l’appellativo di kunoichi (くノ一?), un gioco di parole che si riferisce al carattere grafico per “donna” (onna (?)) ed ha anche altre accezioni.

La figura storica dei ninja [modifica]

Le vesti del ninja

kanji di Ninja

I ninja portavano abiti neri per la notte e abiti di colore marrone-cachi per le ore del giorno: lo sappiamo grazie ad esemplari autentici conservati nel museo Ninja di Iga-Ueno. Erano esperti di arti marziali e la preparazione fisica meticolosa occupava gran parte della loro giornata. All’occorrenza, un Ninja poteva fungere da sicario e compiere un omicidio mirato, ma non stragi come ormai consueto pensare nell’immaginario collettivo. Essi, poi, non erano soltanto delle spie. Oltre allo spionaggio vero e proprio, costoro erano esperti di sabotaggio,tortura, ed appunto, l’eliminazione fisica degli avversari (omicidio mirato), azioni tipiche dei commando. Praticavano le arti marziali ad alti livelli. Erano, in breve, polivalenti. Non di rado, avevano compiti di polizia per il mantenimento dell’ordine pubblico, oppure costituivano una specie di servizio segreto alle dipendenze del daimyo locale. Infine, spesso, erano pure investiti del compito di guardia del corpo dello shogun: una specie di guardia pretoriana nipponica.[1]. I Ninja operarono dal 1185 circa alla fine dello shogunato, nel 1868, quando ebbe termine il cosiddetto “Medioevo giapponese“. In realtà essi non smisero di esser addestrati, ma il loro utilizzo divenne maggiormente “mirato” e la loro preparazione venne rigorosamente e meticolosamente organizzata a livello centrale da parte dello Stato: diminuirono di numero, ma la qualità delle loro prestazioni aumentò notevolmente. Ad esempio, a differenza di quanto avveniva nei secoli precedenti, a partire dal 1890 essi erano obbligati ad imparare una o più lingue straniere. Figure di agenti infiltrati nelle linee nemiche con caratteristiche identiche a quelle dei Ninja sono state descritte dalle fonti dell’esercito zarista durante la Guerra russo-giapponese, e precisamente nelle battaglie del fiume Yalu, di Mukden e durante l’assedio di Port Arthur. Inoltre, siamo abituati allo stereotipo del guerriero Ninja armato di unasciabola, la Katana, tipica del samurai. In realtà, l’armamento dei Ninja era quanto mai variegato e scelto in base alla tipologia di missione che in quel particolare frangente era da compiere[2]. Pertanto, oltre alla katana, esisteva un arsenale composto da archi e dardi, giavellotti, pugnali, e via discorrendo. Nella fattispecie entravano nel loro corredo:

  • la Katana (sciabola)
  • la Ninjatô anche chiamata Shinobi-to (un particolare tipo di spada a profilo dritto e più corto rispetto alla tradizionale katana);
  • il  (un bastone molto lungo);
  • la Wakizashi (spada corta, ad un solo filo);
  • il Kunaï (un coltello in metallo atto a scavare piccoli buchi nel terreno, all’occorrenza utilizzabile anche come dardo da lancio)
  • le Shuriken o shaken (letteralmente lame volanti sia di forma circolare sia oblunghe. Sono note come “Le stelle dei Ninja”)
  • le Bo-Shuriken (chiodi lunghi 20 – 30 centimetri da posizionare negli spazi interdigitali per poter esser lanciati);
  • la Kaginawa (ancorette unite ad una corda, sia da lancio, che per arrampicarsi);
  • la Kamayari (una picca con arpione);
  • la Kusarigama (falcetto con una catena attaccata all’incrocio tra lama e manico. la catena aveva anche un peso all’altra estremità);
  • Manrikigusari (coppia di piccoli pesi posti all’estremità di una catena)
  • Mizugumo (dei galleggianti per attraversare pozze d’acqua);
  • il Tanto (tipico coltello da uso quotidiano giapponese)
  • le Ashiko (calzature chiodate);
  • il Tekagi e la sua variante, il Shuko (bracciali puntuti e pugni di ferro anch’essi puntuti);
  • il  (una spranga di legno);
  • la Fukumibari (una cerbottana);
  • le Makibishi (chiodi a quattro punte da disseminare sulle strade) e le loro varianti, le Tetsubishi (dardi a quattro punte per egual fine);
  • la Naginata (una alabarda);
  • il Kyoketsu Shogei (un corto pugnale con paramano curvo che dà la forma di un arpione, dotato di una lunga corda con al termine un anello metallico);

Entrarono, in tempi recenti (a partire dal 1700) anche armi da fuoco (piccoli obici quali gli Ōzutsu) e granate Metsubushi (目潰し, “Chiudi occhi”, ovvero piccole bombe dirompenti a carica metallica). In pratica, i Ninja non ebbero in alcuna epoca quell’alone di guerrieri dalle caratteristiche “soprannaturali” che il cinema ci ha da sempre mostrato. Semplicemente, essi erano una casta di guerrieri che operavano in genere singolarmente ed il cui teatro d’azione era talmente vasto che poteva andare dalla semplice raccolta di informazioni, all’omicidio su commissione.

 

  • Shikomizue.

 

 

  • Manriki.

 

 

  • Makibishi.

 

 

  • Kaginawa.

 

 

  • Shuriken.

 

 

  • Kusarigama.

 

 

  • Manriki.

 

 

  • Shuriken.

 

 

  • Kusari katabira.

 

 

  • Chigriki.

 

 

  • Ashiko.

 

Collocazione storica dei guerrieri ninja [modifica]

Un uomo vestito da ninja durante una parata ad Aizu nel 2006

I Ninja comparvero circa nel 1185 con il compito di polizia, quindi per mantenere l’ordine nei vari feudi. Il loro periodo aureo si colloca tra il1300 ed il 1870. Per il ninja non esistevano differenze di casta: gli uomini si dividevano in adepti del proprio clan, cui era dovuta fedeltà assoluta, e gli altri nei confronti dei quali tutto era lecito. Nel 1467 venne ufficializzato il loro servizio presso gli shogun locali[3]: nel Giappone sconvolto da un lungo periodo di guerre furono sempre più i nobili che si rivolgevano ai clan Ninja per essere aiutati nelle battaglie o per far compiere silenziose vendette. Spesso l’impiego dei ninja faceva pendere l’ago della bilancia dalla parte di uno dei contendenti. Grazie a ciò il potere politico dei clan ninja si sviluppò enormemente sino al punto che, attorno al 1467, fu lo stesso ShogunYoshihisa Ashikaga (1436 – 1489) a richiedere il loro aiuto nella guerra di Onin. In questo modo intere provincie del Giappone finirono sotto l’influenza ninja. A volte i ninja decretavano l’ascesa o la cacciata degli shogun[4]. Il potere dei ninja diveniva sempre più vasto, tanto che lo shogun Oda Nobunaga (1534 – 1582) si appoggiò apertamente agli europei per poter estromettere i ninja dalle posizioni di potere oramai consolidate durante il suo tentativo di unificare il Giappone. Egli, da un lato, protesse il nascente cristianesimo e lo incoraggiò a diffondersi. Dall’altro combatteva i ninja senza un attimo di tregua, tanto da scendere in guerra aperta nel 1579, incaricando il figlio Katsuyori di assaltare, conquistare e distruggere la roccaforte Ninja di Iga. Nella battaglia di Teusho Iga no Ran (1580) le truppe di Katsuyori subirono una disastrosa disfatta per opera dei Ninja che dimostrarono in questa come in altre occasioni di essere eccellenti combattenti anche in campo aperto. Non maggior successo ebbe la spedizione militare del 1581. Il successore di Nobunaga, invece, appoggiandosi ai ninja, quasi sradicò dall’arcipelago il cristianesimo: con l’avvento allo shogunato di Ieyasu Tokugawa (1543 – 1616) nel 1582, favorito da un uso spregiudicato dei ninja medesimi, i ninja si trasformarono in spie, poliziotti e repressori. I ninja erano all’apogeo della loro potenza e lo sarebbero stati fino al 1853. Nel 1853, quando le “navi nere” del commodoro Perry violarono l’isolamento in cui era rinchiuso il Giappone, una spia ninja Jinsaburo Yasusuke Sawamura fu incaricato di salire di nascosto a bordo di una di esse per sottrarre documenti che facessero intuire le intenzioni degli stranieri. Egli ritornò dalla missione con dei manoscritti che sono ancora oggi conservati dalla famiglia Sawamura nella città di Iga-venoprefettura di Mie. I manoscritti però non contenevano segreti, bensì erano una lettera di un marinaio olandese alla sua fidanzata ed una canzone che decanta le doti delle donne francesi a letto e delle inglesi in cucina[5]. I ninja furono adoperati nella guerra cino-giapponese del 1894, nella guerra russo-giapponese del 1904 e nelle due guerre mondiali. L’occupazione militare del Giappone da parte degli americani (1945 –1949) costrinse tutte le arti marziali ed il ninjutsu in particolare a tornare alla più totale segretezza, in quanto ritenuti veicoli di propagazione di sentimenti xenofobi.

I Ninja ed il Cristianesimo nipponico [modifica]

Il ninja Jiraiya, protagonista del racconto tradizionale Jiraiya Goketsu Monogatari

Il rapporto tra il ninjutsu ed il cristianesimo fu sempre caratterizzato da antagonismo e da repressione ad opera dei ninja stessi. Ilcristianesimo giapponese, che coincide quasi interamente col cattolicesimo romano, sbarcò in Giappone nel 1549 con San Francesco Saverio (1506 – 1552), braccio destro di Sant’Ignazio di Loyola (1491 – 1556). Ma la rivolta dei contadini di Nagasaki (1637), molti dei quali convertiti al cristianesimo, diede allo shogun il pretesto di reprimere e di mettere al bando la religione cristiana, irrogando nel contempo numerose pene capitali.

I Ninja pare abbiano avuto un ruolo di primo piano in quest’opera di repressione[3]. Nel 1640 il cristianesimo giapponese era ufficialmente estinto. Gli editti dello shogunato di Tokugawa (1600 – 1868)del 1633 e del 1639 chiusero il paese in se stesso impedendo ogni contatto con gli stranieri, ad eccezione di un porto franco aperto ai commerci con poche nazioni: iniziava l’isolazionismo (in nipponico: Sakoku). L’isolamento durò ben due secoli. L’8 luglio del 1853 l’ammiraglio statunitense Matthew Perry (1794 – 1858) gettò le ancore nella baia diUraga, vicino alla città di Edo (la moderna Tokyo), al comando di quattro navi da guerra della marina statunitense, chiedendo formalmente l’apertura dei porti del Giappone, la stesura di accordi per i soccorsi in caso di naufragio e la stipula di trattati commerciali.

Il 14 luglio la richiesta venne ufficialmente presentata allo shogun in persona nella città di Kurihama (la moderna Yokosuka), minacciando l’intervento armato in caso di non accoglimento delle sue richieste. Missioni analoghe non avevano ricevuto alcuna risposta precedentemente: vascelli statunitensi tra il 1793 ed il 1809 poterono operare solo sotto bandiera olandese (i giapponesi consentivano solo agli olandesi ed ai cinesi di commerciare nel porto franco di Nagasaki); venne invece respinta nel 1804 la spedizione guidata dal primo ambasciatore russo in Giappone, Nikolai Petrovic Rezanov (1764 – 1807); nel 1846 e nel 1848 nuovamente accadde con le spedizioni al comando dell’ammiraglio statunitense James Bidle (1783 – 1848) e James Glynn (1800 – 1871) rispettivamente. Solo nel1853, sotto la minaccia delle cannoniere americane del commodoro Perry, il Giappone consentì a riaprirsi ai traffici occidentali e all’invio di missionari.

Nel 1854 Perry tornò in Giappone e firmò la Convenzione di Kanagawa che ufficializzò la fine dell’isolazionismo nipponico. Molti di questi missionari, giunti in seguito all’intervento di Perry, rimasero stupiti di trovare ancora cristiani. Questo fatto pose termine all’isolamento nipponico ed indebolì notevolmente il potere della classe dei samurai, tanto che nel 1868 il potere centrale facente capo all’imperatore prese definitivamente il sopravvento sui feudatari ed avviò la modernizzazione del paese sullo stampo occidentale.

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La testimonianza di un Seppuku

Testimone di un seppuku: tratti dal sito,ICHI DO – una via: KEN no KAMAE – tre posizioni – tre fondamenti
Nel 1868 un gentiluomo inglese, Lord Redesdale, in qualità di segretario del Consolato Britannico in Giappone, ebbe l'occasione di assistere su invito e come testimone, in quanto coinvolto nel fatto come rappresentante degli inglesi, alla cerimonia di Seppuku, il rituale suicidio dei nobili e Samurai Giapponesi.

Nel febbraio del 1868 accade che un gruppo di soldati giapponesi, agli ordini di Taki Zenzaburo, un Samurai al servizio del principe di Bizen, sparasse contro un accampamento di stranieri, di nazionalità mista. In quegli anni accadeva che stranieri nel suolo Giapponese interferissero nelle dispute tra lo Shogun (capo supremo dell'esercito) e l'Imperatore del Giappone. Per circostanze non chiare Taki Zenzaburo ordinò di sparare sul gruppo di stranieri causandone la morte di alcuni. Il fatto avvenne presso la città di Kobe (allora chiamato Hiogo). Gli venne pertanto ordinato di fare Seppuku.

Lord Redesdale fu il primo straniero in assoluto ad assistere ad un rituale di suicidio e narra l'episodio nel suo volume “racconti dal Giappone”.

Ne riporto i punti salienti:

I preparativi
Come testimone di una cerimonia di Hara Kiri (termine popolare per definire il Seppuku), posso descriverne lo svolgimento. La persona condannata era Taki-Zenzaburo, un Ufficiale Samurai del Daimyo (principe) di Bizen. Il Samurai condannato era stato giudicato responsabile della strage contro un accampamento straniero avvenuto nel febbraio 1868.

La cerimonia, ordinata dal Mikado in persona, ebbe luogo alle ore 22,30 nel Tempio di Seifukuji, nel quartier generale dell'esercito di Satsuma a Hiogo (attuale Kobe).

Ogni delegazione straniera era rappresentata da uno straniero, per un totale di sette testimoni stranieri. Erano accompagnati dai Samurai della principessa di Satsuma e Choshu. La cerimonia si svolgeva in privato. Alle porte del Tempio comunque, si accalcò una numerosa folla.

 

Il cortile del Tempio era molto pittoresco, molti soldati stazionavano all'interno attorno a grandi fuochi, che illuminavano le grotte situate nel luogo sacro.

Fummo introdotti in una sala dove aspetammo assieme ad alti Ufficiali giapponesi.
Dopo un lungo intervallo di tempo, reso ancora più lungo dal silenzio che regnava, arrivò Ito-Shunsuke, vice governatore di Hiogo, che prese i nostri nominativi e ci informò che sarebbero stati presenti altri sette Samurai “Kenshi” (ispettori di corpo giapponesi), un numero pari ai testimoni stranieri.

Il vice governatore Ito-Shunsuke quindi chiese se qualcuno volesse fare qualche domanta al condannato, ma nessuno fece richiesta. Dopo un altro lungo periodo di attesa fummo invitati a seguire i Kenshi nella sala principale “hondo” del Tempio, dove si sarebbe svolta la cerimonia.

Era una sala grande con colonne in legno e un alto soffitto sempre in legno, con grandi lampade dorate, Sul un lato era disposto un altare con il pavimento ricoperto da splendidi tappeti bianchi, mentre l'altare era coperto da un feltro rosso. Numerose candele erano disposte nella sala e diffondevano una luce attenuata, appena sufficente ad illuminare l'ambiente. I sette Kenshi si sistemarono alla sinistra degli scalini dell'altare, i testimoni stranieri a destra. Non erano presenti altre persone come testimoni o spettatori.

I preliminari
Dopo alcuni minuti entrò un uomo vigoroso, di circa 32 anni di età, dall'aria nobile, coperto da un grande mantello bianco, che seppi veniva usato solo per grandi occasioni. Si trattava del Samurai Taki-Zenzaburo, il condannato.
Era accompagnato da un “Kaishaku” e da tre Samurai vestiti in abiti da guerra, di stoffa dorata.
Lo “kaishaku” non è da considerarsi come il boia europeo. Egli aveva l'incarico di tagliare la testa del condannato subito dopo il taglio dell'addome. Era considerato un grande onore essere richiesto per tale funzione, e molte volte si trattava dell'amico più caro del condannato o di un parente.

In questo caso il Kaishaku era un allievo di Taki-Zenzaburo, che era stato scelto dagli amici del condannato per la sua abilità e precisione nell'uso della spada.

Taki-Zenzaburo, con il Kaishaku alla sua sinistra, si rivolse verso i testimoni Giapponesi con un rispettoso e solenne inchino da seduto, i Kenshi risposero con un solenne inchino, poi si rivolse a noi e ci salutò allo stesso modo.

Lentamente il condannato salì gli scalini e di fronte all'altare si inchino per due volte, con le mani giunte battè per tre volte e fece un altro inchino, poi si girò e fece un ultimo saluto verso di noi. Il Kaishaku si trovava alle spalle a sinistra del nobile Taki-Zenzaburo.

Uno dei tre Samurai vestiti di guerra avanzò poggiando davanti al condannato un cuscino dorato usato per le grandi offerte, sopra il cuscino poggiava una spada corta chiamata “Wakizashi” (la spada compagna), tagliente come un rasoio.

Questa spada gli venne consegnata con molti inchini e accettata dal condannato con grande rispetto, che la portava alla fronte inchinandosi più volte, poi la posò a terra davanti a lui.

La dichiarazione
Giunti a questo punto Taki-Zenzaburo prese la parola, la voce tradiva una certa emozione come del resto ci si poteva aspettare data la situazione, ma dall'aspetto esteriore non traspariva niente dello stato d'animo.

“Io, e solo io, ho dato l'ordine senza averne il potere, di sparare sugli stranieri a Kobe, mentre tentavano di fuggire. Per questo orrendo crimine io mi ucciderò, e vi prego di farmi l'onore di essere presenti quali testimoni”

Quindi si inchinò profondamente verso i testimoni e si tolse parte dei suoi vestiti rimanendo a torso nudo, fino alla cinta, e utilizzando i vestiti tolti ripiengandoli con cura e ponendoli sotto le proprie ginocchia affinchè, in tal modo, non potesse cadere all'indietro poiché un Samurai deve cadere sempre in avanti. Poi, deliberatamente, con la mano ferma prendeva la corta spada che aveva posto avanti a lui. La guardava a lungo, quasi con affetto, come se volesse fissarvi i propri pensieri per l'ultima volta.

Seppuku
Si conficcava quindi la spada nel fianco sinistro, tirandola poi in alto verso il fianco destro. Durante questa operazione, senz'altro molto dolorosa, il viso del guerriero non tradiva alcun segno di dolore.

Mentre estraeva la spada dal proprio ventre si chinava in avanti e allungava il collo. Per la prima volta notai che aveva un'espressione di dolore senza però emettere alcun lamento.

In quel preciso momento il Kaishaku, che era stato fino ad allora in ginocchio, si alzò di colpo, alzo la spada lunga sopra la propria testa, poi con severo fendente separò la testa dal corpo con colpo netto.

"in quale altra parte del mondo si insegna all'uomo che l'ultimo tributo di affetto che può rendere al miglior amico è quello di essere l'esecutore della sua morte?"

Il Kaishaku e tutti i Samurai presenti quindi si inchinarono. Poi il Kaishaku poggiò la spada su una ampio foglio bianco e la consegnò ad uno dei Samurai presenti perché venisse portata via in modo solenne e venisse mostrata alla folla come prova dell'avvenuta esecuzione.
 

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Takemusu aiki

Takemusu Aiki – Discorsi di Morihei Ueshiba

Questa è una parte di una serie di discorsi di Morihei Ueshiba, il fondatore dell’Aikido. Questi discorsi sono stati trascritti e redatti da Hideo Takahashi del Byakko Shinkokai (vedi intervista in AJ115) e originariamente pubblicati come Takemusu Aiki nel 1976. L’importanza di questi discorsi come una fonte primaria di materiale affidabile sulla visione spirituale di Morihei Ueshiba non sarà mai abbastanza sottolineata.

 

Aikido è la via del principio dell’eterno, immutabile sistema dell’Universo

 

(1)

Aikido è la via del principio dell’eterno, immutabile sistema dell’Universo. La Grande Vacuità venne creata prima della nascita della voce Universale “SU”, l’Unica Fonte Originaria, il nostro Dio padre. La vita è la storia degli atti di Dio da allora, fin dall’antica epoca delle divinità del nostro paese, e la pratica dell’aikido ha origine da questa storia. Il mio aikido è una Via per svolgere pratiche ascetiche guidate dalla Divina Provvidenza, che esprime il significato della Spada Divina (matsurugi) ed è una manifestazione della spada stessa. Io lo considero la vera arte marziale (bujutsu). Le opere dell’Universo sono chiamate “takemusu aiki”, sono nate dall’Unica Fonte Originaria, e unificano l’acqua e il fuoco, ovvero il Respiro del Cielo e il Respiro della Terra, allo scopo di produrre un respiro unificato.

Vorrei spiegare cosa significa questo. Quando il corpo e l’anima che ho ricevuto in dono interagiscono fra di loro come un’unione inseparabile attraverso le opere di “SU” e “U”, io produco i suoni “A, O, U, E, I” dal basso del mio ventre lasciandoli fuoriuscire dalla mia bocca fisica. Questa forma è esattamente la stessa della manifestazione delle attività di attrito prodotte dai movimenti di acqua e fuoco, ovvero dall’interazione delle due divinità Takami Musubi e Kami Musubi (vedi Takemusu Aiki in AJ116), quando essi danzano mentre si muovono in una spirale ascendente a destra e discendente a sinistra).

Se lucidiamo e perfezioniamo il kotodama, lo spirito donato a ciascuno di noi che costituisce la sua vera natura, ci saranno donate tutte le spiegazioni per comprendere la combinazione di tutte le cose e la saggezza per comprendere la vera condizione della Grande Creazione di questo mondo. Inoltre, ci verrà anche dato l’onore di usare le “Sfere di Michihiru” (Michihiru no Tama)1 secondo il Kojiki (l’antica cronaca giapponese), un tesoro della nostra nazione, consultando Dio con i bastoncini divini (Ame Tsukuri no Kannagi) di Cielo, Fuoco, Acqua e Terra, facendo abbondanti offerte per espiare i nostri peccati a Oki a Chikura2 e dedicando noi stessi a Dio.

Queste Sfere di Michihiru sono donate a ciascuno di noi affinché compiamo le nostre missioni e le nostre opere. Inoltre noi, esseri umani, preserviamo le nostre vite grazie a queste Sfere di Michihiru.

Aikido è una vera arte marziale e si manifesta in tutte le arti marziali che sono arrivate nel mondo fino ad oggi, e nelle opere dell’Universo, vale a dire, il nucleo della Fonte Originale dell’aikido. Esso è saldamente radicato e si esprime specialmente nelle azioni delle due divinità, Izanagi no Mikoto e Izanami no Mikoto (vedi AJ116), quando essi hanno dato vita alle isole e alle divinità, cioè la cospicua opera dell’interazione tra fuoco e acqua. In altre parole, l’interazione tra fuoco e acqua è l’opera di Ame no Minaka Nushi (vedi AJ116) ed è una manifestazione della Volontà Divina. Pertanto, l’Unica Fonte Originaria ha dato la vita alle Due Fonti Originarie. Le opere di ciascuna Fonte sono un’espressione della Volontà Divina e una manifestazione della complessa e sottile interazione tra Cielo e Terra, vale a dire, la Vita dell’Universo, il Respiro del Cielo e della Terra. Non esiste una cosa che non sia una manifestazione della Volontà Divina, non importa che forma abbia il suo corpo o quanto piccola essa sia. Ogni cosa è la Vita dell’Universo.

Ho cantato questo per celebrare l’aikido nella sua forma moderna, perfezionata: Questa meravigliosa apparizione Di Terra e Cielo Ogni Cosa è Una Famiglia Creata dal Signore

Tutte le benedizioni di questo Grande Universo si manifestano, senza eccezione, in tutte le divinità e in tutti i Buddha, in tutta la natura, negli animali, gli uccelli, i pesci e perfino gli insetti. Aikido significa ricevere tutte le benedizioni dentro di noi e svolgere i nostri compiti come esseri umani. Riguardo alle religioni, io credo che ogni religione dovrebbe diventare un ubuya (case per la nascita dei bambini, vedi Takemusu Aiki in AJ116) per impartire questo stesso insegnamento. Dovete assimilare tutte queste benedizioni nel respiro del Cielo e della Terra anche quando eseguite solo un movimento con la spada. Pertanto, quando svolgete il vostro compito come esseri umani, formate un cerchio mentre espirate pronunciando una preghiera, e un quadrato mentre inspirate. Allora, lasciate che il meraviglioso spirito dell’Universo circoli attraverso il vostro intero corpo e purifichi i vostri sei sensi (rokkon, vedi AJ116) consentendo loro di operare. La forma circolare di espirazione è la forma dell’acqua, e quella quadrata è quella del fuoco. Il cerchio significa il respiro del cielo, e il quadrato significa quello della terra. Pertanto, diamo vita alle tecniche combinando il Respiro del Cielo con quello della Terra per mezzo del ki del Cielo. Questo è quello che dobbiamo fare e io so, inoltre, che tutte le divinità ci proteggeranno totalmente lungo la Via. Dobbiamo diventare consapevoli di questo e realizzarlo sulla Via mostrataci da Goi Sensei. Questo è il mio compito. Io devo compiere la mia missione senza dimenticare i benefici che mi vengono dalle divinità.

In una riunione di preghiera, dobbiamo assimilare la virtù della nostra vera fede nel Respiro del Cielo e della Terra in modo da poter unire e armonizzare questo mondo sotto la protezione di tutte le divinità e di tutti i Buddha. La preghiera è luce e anche calore. La vostra preghiera deve seguire la Via delle opere del Cielo e della Terra mentre si unisce con tutte le divinità e tutti i Buddha. Possiamo chiarire questo solo se ci riferiamo alle voci dell’aiki “SU” e “U”. la Terra non può funzionare senza interagire con il respiro del Cielo, e l’interazione del respiro del Cielo e della Terra dà la vita a tutte le cose. Riempiamo noi stessi con lo Spirito Divino e diamo intellettualmente la nascita alle arti marziali attraverso il respiro del kotodama (spirito).

Il Respiro del Cielo è il respiro del sole e della luna, e le tecniche dell’arte marziale nascono quando il Respiro del Cielo e della Terra sono uniti. Il Respiro della Terra è la marea. La marea respira attraverso l’interazione del Respiro del Cielo e della Terra. La Terra respira secondo il Respiro della Terra.

La nascita di un essere umano segue anch’essa lo stesso principio. Un essere umano nasce nel momento subito dopo la marea, quando questa comincia a ritirarsi. Tuttavia è meglio che io non parli del corpo umano, poiché Io posso assorbire ogni cosa in un movimento della mia spada.

In una precedente occasione ho detto “Attraverso l’Unione con Dio produciamo tecniche che mutano continuamente in varie forme”. Questo significa che possiamo manifestare scientificamente il ki della vacuità e il ki del vuoto nelle tecniche mentre combiniamo tra loro e introduciamo queste energie nella natura e nelle tecniche umane. Pertanto, dobbiamo produrre le tecniche rispettando il Futomani del Kojiki3, vale a dire, gli insegnamenti lasciatici in eredità dalle antiche divinità tra Amaterasu Oomikami4 e Jimmu Tenno5. Il Futomani del Kojiki è una storia dall’età delle divinità e una linea vitale per la costruzione della Nazione Universale. Esso è la Costituzione del nostro paese.

Come essere umano, ognuno deve svolgere incessantemente pratiche ascetiche in solitudine, in accordo con la missione assegnataci. In altre parole, se studiamo a fondo la nostra divinità protettrice principale e anche il nostro corpo e la nostra mente cominceremo a comprendere il lavoro che dobbiamo svolgere nella nostra vita quotidiana. Allo stesso tempo, dal punto di vista della preghiera, io stesso rispetto Goi Sensei e la Via che egli ci mostra. Anche se io non rimango costantemente in questa condizione quando io, ogni mattina e ogni sera, prego e ringrazio gli spiriti divini del Cielo e della Terra per la loro grande autorità divengo talmente chiaro e sereno nell’intermo mio corpo, come se fossi uno specchio, che non potrei esprimere una tale purezza con le parole. Tutti gli attaccamenti svaniscono e io attendo nel respiro del nostro Padre Originario che emana luce su tutte le cose nell’Universo.

Ritengo che la gioia suprema consista nell’essere in grado di restare in questo stato e continuare senza interruzione a lodare le virtù dell’universo.

(2)

Quando offrite una preghiera sincera, non vi è ego in essa. Tutti gli attaccamenti svaniscono e sono trasformati in luce. Io posso comprendere i santi dell’antichità quando affermano che vi sono tali e tante divinità. Percepisco anche che io, come mi sembra, resto nella Sacra Luce del Grande Universo. Credo che qui sta il motivo per cui le parole dei santi del passato vengano comprese erroneamente. Non dovrei parlarne con leggerezza. Anche se sono in grado di restare in una tale condizione, non pretendo che altri raggiungano lo stesso stato con un singolo sforzo, né mi considero particolarmente superiore ad altri. Io credo solo che sarò capace di farmi umile davanti alle persone e di dedicare loro il mio lavoro come un servitore, perché ora sono divenuto capace di restare in questo stato. La preghiera è realmente il fondamento ed il “Grande Ponte”. Il Grande Ponte si riferisce a Ame no Ukihashi (vedi AJ116). Ame no Ukihashi è la manifestazione dell’intersecarsi di fuoco e acqua. Qui risiede il divino messaggio che il mondo verrà purificato verticalmente e orizzontalmente e verrà governato.

C’è un proverbio che dice “I boccioli dei pruni sbocceranno tutti insieme in tutti i regni dei Tremila Mondi” (Sanzen Sekai).6 Tuttavia, questo non ha solo un significato religioso. Anche in aikido, questo messaggio divino che i boccioli dei pruni sbocceranno tutti insieme in tutti i regni dei Tremila Mondi è la Via della vita che ci è stata donata. Questo insegnamento significa che questo mondo comincia ad essere la manifestazione del potere spirituale cominciato con l’apparizione di Ame no Ukihashi. In aikido, questo è Nenpi Kannon Riki.7 Naturalmente senza un corpo fisico, ovvero haku, i nostri spiriti non possono stabilirsi, né noi possiamo svolgere i nostri compiti come esseri umani. Dobbiamo rivelare questa condotta dello spirito (Tamashii no O).8

Il corpo fisico che ci viene donato è un organo di creazione e, allo stesso tempo, è un luogo dove svolgere i servizi divini. Esso è anche una casa o un organo dove noi coltiviamo la nostra condotta dello spirito. Inoltre, il corpo fisico matura e si perfeziona magnificamente attraverso le pratiche spirituali richieste per la nascita degli spiriti. Pertanto, il nostro corpo diviene una casa dove gli spiriti possono nascere e crescere (seicho no ie).

Goi Sensei conosce bene questa materia. Non dobbiamo parlare di argomenti difficili. Se voi (rivolgendosi alla platea del Byakko Shinko Kai) continuate a pregare senza fare domande, Goi Sensei si prenderà carico di voi. Grazie a Goi Sensei, anche l’aikido si evolve tramite la preghiera. In altre parole, la condotta del vostro spirito verrà purificata tramite le preghiere.

Sentiamo parole come shikishin9 o hasshiki,10 ma non abbiamo bisogno di queste cose. Tutto quello che dovete fare è lucidare la condotta del vostro spirito. Dopo tutto, il mondo è stato un mondo fisico fino ad oggi. Aiki non esclude il mondo fisico, ma lo trasforma nel fondamento e sostituisce il mondo fisico con il mondo spirituale. Allora l’aiki costruisce un Cielo sulla Terra e realizza la sua funzione di costruire la Nazione Universale.

(3)

Takemusu aiki è il servizio che noi doniamo allo scopo di proteggere i mondi in cui si svolge tutta l’attività Universale, cioè i tre mondi –Apparenza, Subconscio e Divino– e di aiutarli ad armonizzarsi tra di loro e a fiorire. Lo chiamiamo “takemusu aiki” quando chiariamo il vero significato delle opere di Dio, purifichiamo la Grande Via e ci dedichiamo ad aiutare la Grande Via a rafforzarsi. Questo è ciò in cui credo fermamente.

È per questo che le arti marziali del nostro paese (budo) non sono chiamate sport. Lo scopo delle arti marziali è di formare e perfezionare noi stessi. Una volta che abbiamo costruito noi stessi, dobbiamo realizzare ogni cosa con successo, e prima di tutto noi, come esseri umani, dobbiamo proteggere tutta la natura.

Nel nostro paese, originariamente, non abbiamo sport come quelli che ha la gente dei paesi occidentali. Certe persone sono ben liete di affermare che le arti marziali giapponesi hanno guadagnato popolarità da quando sono diventate degli sport. Tuttavia questo è un grossolano malinteso che dimostra come essi non hanno assolutamente compreso che cosa siano veramente le arti marziali.

Gli sport sono giochi e passatempi che non coinvolgono lo spirito. Sono solo competizioni tra corpi fisici e non fra anime. Pertanto, queste competizioni hanno come unico scopo il piacere. Le arti marziali Giapponesi sono una competizione nel modo in cui possiamo esprimere e realizzare l’amore che unisce e protegge ogni cosa in armonia e aiuta questo mondo a prosperare.

La Via che preserva questo mondo è una competizione per proteggere lo spirito e anche il mondo fisico. Essa è una competizione per proteggere completamente la Via della nascita e della crescita di tutta la natura, e per proteggere amorevolmente la Via della fioritura di ogni cosa, attraverso il respiro di A-UM (espirare ed inspirare), nel quale lo spirito e il corpo fisico sono equilibrati in armonia. Questa competizione è esattamente la stessa della creazione del mondo di oggi, in cui erano coinvolto il Grande Dio, per tramite delle due divinità Izanagi e Izanami. Essa è la via per ringraziare quotidianamente il Grande Dio per la sua opera, e quindi è una preghiera. Non c’è nulla di meglio di una preghiera. Anche quando ci sentiamo male o a disagio possiamo rinnovarci e guarire offrendo le preghiere. Io ho sperimentato questo per mezzo delle mie preghiere. Io sto sulla piattaforma del Cielo e venero Dio restando rivolto a est e verso il cielo. Io offro la mia gratitudine nella preghiera, restando al centro della Terra insieme con tutte le cose esistenti tra il Cielo e la Terra. Questo è il vero aikido e il takemusu. Questa è la fonte dell’interazione armoniosa tra il respiro del fuoco e quello dell’acqua.

(4)

“L’eterno, immutabile sistema dell’Universo” significa che l’Universo è la Via sulla quale tutte le virtù degli atti divini si manifestano sotto la guida del nostro Dio Padre, l’Unica Fonte Originaria, e tutto è in ordine solenne e perfetto proprio come le innumerevoli stelle che brillano attorno al loro centro.

Inoltre, attraverso l’opera dei quattro Kon (vedi AJ 116), l’Universo si manifesta nelle forme del Cielo, del Fuoco, dell’Acqua e della Terra, e chiarisce il significato dell’unione degli spiriti tra gli esseri umani. Questo ha esattamente lo stesso significato di quando un gruppo di divinità si riunisce in nobile e perfetto ordine attorno al loro centro, Ama Terasu Oomikami, e viene riflesso in uno specchio sacro.

In altre parole, il respiro di A-UM è essenziale allo scopo di svolgere i nostri compiti in questo mondo. Da un punto di vista spirituale, esso è l’opera dei quattro kon (Kusu Mitama, Ara Mitama, Nigi Mitama, e Sachi Mitama) (vedi AJ116) e, da un punto di vista fisico, sono le quattro grandi funzioni costruttive operate da Cielo, Fuoco, Acqua e Terra. Sia le cose materiali sia gli spiriti appartengono totalmente al nostro Padre, l’Unica Fonte Originaria.

In un certo senso, con l’aiki voi purificate e rimuovete il male con il vostro stesso respiro invece che usando una spada. In altre parole, cambiate il modo fisico in un mondo spirituale. Questa è la missione dell’aikido. Il corpo fisico è posto sotto, e lo spirito sopra e davanti. Pertanto l’aikido guida lo spirito a produrre nobili fiori e a portare frutti. Essendo il nucleo dell’amministrazione, l’aikido opera al servizio della Suprema Lealtà, ovvero il Bene Supremo e l’Amore Supremo in questo mondo. In altre parole, questo significa che dobbiamo coltivare la Vera Via del Cielo e della Terra, dedicando noi stessi a non turbare il fondamento della lealtà, il vero significato dell’unione del governo e della religione. Pertanto tutte le divinità e i buddha verranno e ci proteggeranno senza che sia necessario che glielo chiediamo. Nello stesso spirito degli insegnamenti della Bibbia sul ritorno di Michele (vedi Daniele, 12), tutti e tre i mondi ammireranno totalmente questo Grande Santo e seguiranno le sue parole con gioia. Dobbiamo industriarci per svolgere le nostre missioni assegnate, per guidare gli altri a dare il benvenuto a questo saggio, Grande Santo. Tradotto da Sonoko Tanaka Note

1. Michihiru no Tama. Due sfere usate per manipolare a piacimento la marea. Una è per la marea crescente, l’altra per quella calante. Nel Kojiki, si narra che queste due sfere vennero date a Hoori no Kami dalla divinità del mare. Hoori no Kami è un figlio di Masakatsu Agatsu Katsuhayahi Ame no Oshihomimi no Mikoto, che è un figlio di Amaterasu Oomikami (vedi nota 4)

2. Oki a Chikura. Nel Kojiki si narra che a Susanoo no Mikoto (vedi AJ116) fu richiesto di fare molte offerte a Chikura, per espiare la sua cattiva condotta.

3. Futomani. Un tipo di divinazione usata nei tempi antichi. La gente profetizzava la buona o la cattiva sorte bruciando ossa di animali (di solito caproni) o carapaci e osservando la forma delle crepe che apparivano sulla loro superficie.

4. Amaterasu Oomikami. La divinità del sole, considerata una divinità femminile, una figlia di Izanagi no Mikoto e sorella maggiore di Susanoo no Mikoto. Nacque quando Izanagi no Mikoto si lavò l’occhio sinistro durante lo svolgimento del misogi a Ahagihara (vedi AJ116)

5. Jimmu Tenno. Il leggendario primo Imperatore della dinastia Yamato, secondo le antiche cronache Kojiki e Nihon Shoki. Era anche conosciuto come Kamu Yamato Iwarebiko no Mikoto ed era un nipote di Hoori no Kami.

6. Sanzen Sekai. Lett. “Tremila mondi”, un concetto Buddista Indiano del Mondo o dell’Universo. Al centro del mondo c’e’ un’alta montagna chiamata Shumisen, e il mondo che circonda la montagna è proprio il mondo in cui viviamo ed è detto uno Shumi Sekai. Sanzen Sekai si riferisce a Daizen Sekai, che è Shumi Sekai moltiplicato per mille per tre volte. Pertanto, l’effettivo numero di mondi non è 3000, ma piuttosto 1.000.000.000.

7. Nenpi Kannon Riki (Nenpi Kannon Riki Tojin Dandan Ne). Questo termine deriva dall’ Hokkekyo, un testo Buddista. Esso si riferisce alla credenza nel potere di Kannon, la Dea della Pietà. Uno non verrà tagliato neanche se il suo nemico lo taglia con una spada, piuttosto la spada del nemico verrà spezzata in più parti.

8. Tamashii no O. La condotta che lega il tama o tamashii (spirito) al corpo fisico in modo che lo spirito non lasci il corpo. Lo si può anche intendere come indicante “la vita”. Shikishin. Una manifestazione del buddha che è incarnata in un corpo fisico nel Mondo delle Apparenze.

9. Hasshiki. Lett. “Le otto shiki”. Shiki si riferisce a un’abilità della mente di riconoscere e giudicare la natura delle cose materiali attraverso i sei sensi e percezioni. Shiki è una delle dodici leggi di causa ed effetto nel Buddismo. I sei sensi sono la vista, l’udito, l’odorato, il gusto, il tatto e la coscienza. Il termine Hasshiki include altri due aspetti, Mana Shiki (l’illusione dell’amore di sé) e Araya Shiki, la consapevolezza fondamentale dell’esistenza di un essere umano, che accumula esperienze e forma l’individualità. Essa è il centro di tutte le attività della mente. Subcoscienza.

10. A-UM. “A” è il suono prodotto dall’esalazione dalla bocca aperta, ovvero l’espirazione. “UM” si forma con la bocca chiusa, inspirando. Ogni cosa inizia da “A”, e con “UM” ogni cosa ha termine. Questo concetto ha avuto origine nel Buddismo.

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Onisaburo l’uomo che ispirò O-Sensei

tratto aikido-vittorio veneto.it

 

Onisaburo Deguchi

Intorno al XIX secolo era nata la speranza che una nuova epoca sarebbe emersa dal caos e molti profeti predicavano una via sul come uscire da questo periodo buio. Molti di questi profeti furono donne contadine o comunque di basso rango al tempo più vicine a Dio rispetto alle signore aristocratiche. Nel 1836 nacque Nao Deguchi unica sopravvissuta della sua famiglia decimata da una delle più disastrose carestie del Giappone. Anche se Nao sopravvisse la sua vita fu dura fino al compimento del suo diciassettesimo anno di età, anno in cui venne adottata da una sua vecchia zia appartenente alla famiglia Deguchi. Con la zia rimase circa un paio d'anni fino alla morte suicida di quest'ultima. Nao si maritò poi con un maestro carpentiere, un uomo che non amava, ma dal quale poteva ambire ad una vita migliore. Purtroppo la combinazione del bere sakè, delle notti fino a tarda ora in città e gli incidenti sul lavoro lo fecero diventare un invalido disoccupato, cosicché la famiglia Deguchi divenne sempre più povera.

Fin dalla giovinezza Nao sentiva voci interiori che la portavano a meditare giorni interi sulle montagne. Nel 1892 Nao, allora cinquantasettenne, ebbe una visione da parte del Kami Konjin, il quale le disse di purificarsi per i tredici giorni successivi e pregare. Dopo questi giorni di meditazione e preghiera Konjin le ordinò di scrivere i Fudesaki, gli scritti che vengono da Konjin. In poco tempo con la diffusione di questi scritti, questa religione trovò molti seguaci. Nel 1898 fu avvicinata da un giovane nato a Kameoka nel 1871 di nome Kisaburo Ueda. Il giovane Ueda era un giovane molto intelligente che amava la letteratura, la calligrafia e la pittura. Nel 1897 perse il padre e attraversò una crisi spirituale: si rifugiò quindi in una caverna del monte Takakusa deciso a trovare la verità e in quel luogo vi rimase una settimana in una trance divina ricevendo i segreti degli dei. A questo suo messaggio che portava alla popolazione non ebbe risposta. Un giorno dopo molti studi e mentre si trovava a praticare riti in un santuario Kisaburo sentì una voce che gli indicava di andare a ovest. Fu così che Kisaburo e Nao si incontrarono. Ueda andò ad abitare nella casa Deguchi avendo sposato la figlia di Nao, Sumi e prendendo il nome di Onisaburo. Nel 1913 Onisaburo fondò l'Omoto-kyo e quando, nel 1918, morì Nao divenne il “Santo Guru”. Diffuse molto la sua religione e scrisse anche molti libri. Onisaburo era un maestro spirituale che calmava migliaia di persone con la meditazione. Tra il 1919 e il 1921 gli adepti divennero milioni. Fu proprio in questo periodo che Morihei sentì parlare del “Santo Guru” e preoccupato per il padre malato decise di passare ad Ayabe per pregare per lui. Appena arrivò ad Ayabe, Morihei sentì subito che quel posto aveva un non so che di spirituale; si recò subito al santuario e quindi si mise subito a recitare i mantra shingon. Una figura si avvicinò a lui e gli disse che suo padre stava bene com'era e che doveva lasciarlo andare: era Onisaburo Deguchi. Dopo la morte del padre, Morihei, nello stupore di tutti, decise di unirsi all'Omoto-kyo. In questo periodo si dedicò completamente allo studio della religione e all'agricoltura, un lavoro che si diceva molto affine al samurai e alla pratica Zen in quanto si era in costante contatto con la natura. In poco tempo divenne capo dell'”Accademia Ueshiba” costruita col favore di Onisaburo Deguchi e lì insegnò agli adepti dell'Omoto-kyo.

Il carisma di Onisaburo era arrivato fino in Mongolia all'orecchio di Yutaro Yano, un ufficiale della Marina che aveva problemi con la popolazione ribelle e viste le aspirazioni del Guru di diffondere la propria religione in tutto il mondo, non si fece scappare quest'occasione. Nel 1924 così Onisaburo e Morihei con altre persone partirono alla conquista spirituale della Mongolia. Arrivati non ebbero vita facile vista la riluttanza delle persone a credere in qualcosa; venivano infatti chieste loro continue prove spirituali. Dopo poco tempo furono arrestati e i loro beni vennero confiscati. Passarono pochi giorni che vennero rilasciati e vennero trattati da pascià: gli diedero vestiti nuovi, un bagno caldo e vennero rasati… ma questo non era altro che la preparazione alla loro esecuzione. L'esecuzione però non ebbe luogo perché i mongoli avevano troppa paura di un intervento militare diplomatico da parte del Giappone. Fecero ritorno in Giappone e le vie di Onisaburo Deguchi e Morihei Ueshiba si divisero anche se Ueshiba rimase per tutta la vita un fermo credente di questa religione. Onisaburo decise di allargare il suo progetto divino di portare il Paradiso sulla Terra; decise di espandere la sua religione cominciando a vestirsi come un imperatore, portando quindi le effigi imperiali cosa che attrasse l'attenzione della polizia imperiale. L'8 dicembre 1935 la polizia arrestò il “Santo Guru” con l'accusa di lesa maestà, un'accusa molto grave. Successivamente l'Omoto-kyo venne perseguitata e tutti i loro simboli vennero distrutti. Onisaburo rimase imprigionato per sei anni e mezzo prima della fine del processo che lo vide accusato di lesa maestà e incitamento alla rivolta. Appena uscito si diede da fare per il suo intento ma l'unico ostacolo che non riuscire fu la sua morte in quanto era uscito dalla prigione ormai anziano e innocuo per il governo.

Della sua dottrina non era rimasto ormai nessuno in grado di poterla diffondere e anche tra i suoi discepoli c'erano contrasti sull'interpretazione della religione: questi motivi più altri segnarono la fine dell'Omoto-kyo e il sogno di portare il Paradiso sulla Terra.

BIBLIOGRAFIA:
"UESHIBA" – John Stevens – Luni Editrice 2003
Sito dell'Aikikai d'Italia – www.aikikai.it
Vari siti sull'Aikido e sul Daito Ryu Aiki Jujuts
 

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una lettura estiva

"Samurai" di Leonardo Vittorio Arena

questo libro che ho nella mia biblioteca è un ottima lettura storica della vita dei samurai, vi consiglio di acquistarlo

e approfondirete la Vostra cultura, buona lettura da Ovo-san

 

Leonardo Vittorio Arena, nel suo "Samurai, ascesa e declino di una grande casta di guerrieri", cerca di far capire al lettore cosa sia significata la figura del samurai per il Giappone, ripercorrendo le gesta dei più grandi samurai della storia, da Yoshitsune a Saigo Takamori (l'ultimo samurai), passando per i più celebri Oda Nobunaga, Tokugawa Ieyasu e Musashi ed esplorando, per quanto possibile, il loro privato e il loro modo di rapportarsi alla spiritualità.
E' una dimostrazione di come la figura tramandataci del temibile guerriero sanguinario,prigioniero dell'onore e dei doveri feudali, spesso fosse accompagnata da quella del poeta-filosofo e che atti che noi considereremo brutali,come la decapitazione, in un mondo diverso dal nostro fossero interpretati come atti di pietà se non addirittura di onore.
Ci spiega la solennità della cerimonia del té, che meglio di altre situazioni dimostra come nel samurai esista un culto per la perfezione, ed il potere che, una figura come il maestro del té (in occidente sarebbe accomunabile a un cameriere) poteva esercitare nei confronti del Daimyo, una figura come il maestro del té,
"Samurai" è un viaggio nel mondo del Bushido, il codice di comportamento dei samurai, che tanto ha condizionato il modo di pensare giapponese dal primo shogunato Kamakura (1185-1333) fino alla seconda guerra mondiale, quando è stato creato il corpo dei Kamikaze.
Un libro estremamente interessante e molto ben scritto, con un alternanza tra cronaca e prosa che consiglio vivamente a chi sia affascinato dalla cultura orientale.

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Minamoto No Yoritomo

Minamoto no Yoritomo

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"Ritratto di Yoritomo", copia dell'originale del 1179, attribuito a Fujiwara no Takanobu.

Minamoto no Yoritomo (源 頼朝?) (9 maggio 11479 febbraio 1199) è stato un militare giapponese. Nel 1192 ricevette il titolo di shōgun e fondò il primo bakufu della storia del Giappone, noto come shogunato Kamakura dal nome della sua capitale, la città di Kamakura.

Dalla nascita all'esilio

Minamoto no Yoritomo era il terzo figlio di Minamoto no Yoshitomo, erede del clan Minamoto, e della sua moglie ufficiale, Fujiwara no Saneori, discendente dell'illustre clan Fujiwara; nacque a Heian (odierna Kyōto), allora capitale del Giappone. All'epoca suo nonno, Minamoto no Tameyoshi, era il capofamiglia del clan Minamoto.

Nel 1156, le divisioni in fazioni della corte scoppiarono in una vera e propria guerra civile; l'Imperatore claustrale Toba e suo figlio Go-Shirakawa si schierarono con il figlio del reggente Fujiwara no Tadazane, Fujiwara no Tadamichi, e con Taira no Kiyomori (membro dell'influente clan Taira), mentre l'Imperatore claustrale Sutoku si schierò con il figlio minore di Tadazane, Fujiwara no Yorinaga; la guerra fu chiamata Ribellione di Hōgen. Il clan Minamoto era diviso; Tameyoshi, il capofamiglia, si schierò con l'Imperatore claustrale Sutoku, mentre suo figlio Yoshitomo, padre di Yoritomo, si schierò con l'Imperatore claustrale Toba e con l'Imperatore Go-Shirakawa. Alla fine, i seguaci dell'Imperatore Go-Shirakawa vinsero la guerra civile, e l'Imperatore Sutoku fu messo agli arresti domiciliari. Yorinaga era stato gravemente ferito in battaglia, e Tameyoshi fu condannato a morte, nonostante l'intervento in suo favore di Yoshitomo. Yoshitomo divenne così il capofamiglia, e Yoritomo l'erede del clan. Essendo Yoritomo imparentato sia con l'imperatore (da parte di padre) sia con i Fujiwara (da parte di madre), ricevette i suoi primi incarichi a corte e fu nominato amministratore.

La pace non durò a lungo, perché Kiyomori e Yoshitomo, i vincitori della precedente guerra, cominciarono a discutere e alla fine i due clan entrarono in guerra: i Taira sostenevano Imperatore Takakura, figlio di Go-Shirakawa, ed avevano il sostegno di Fujiwara no Nobuyori, mentre i Minamoto sostenevano l'ormai claustrale Imperatore Go-Shirakawa ed avevano il sostegno di Fujiwara no Tadamichi e Fujiwara no Michinori (il clan Fujiwara era quindi diviso); la guerra fu chiamata Ribellione di Heiji. I Minamoto non erano adeguatamente preparati, e i Taira occuparono Kyōto; Michinori e Tadamichi furono condannati a morte e il palazzo dell'Imperatore claustrale Go-Shirakawa fu messo a fuoco dai Taira.

Yoritomo si ritrovò così nuovo capofamiglia del clan Minamoto, esule a Hirugashima, un'isola della provincia di Izu nel Kantō, all'epoca sotto il controllo del clan Hōjō. I Taira erano ormai i samurai più potenti del Giappone; Yoritomo fu lasciato in vita grazie a sua madre. Minamoto no Yoshitsune, un fratellastro, fu esiliato al tempio di Kurama. Yoritomo crebbe quindi in esilio. Nel 1179, sposò Hōjō Masako, figlia di Hōjō Tokimasa: il matrimonio aveva anche una chiara valenza politica, poiché Yoritomo avrebbe potuto contare sugli Hōjō in caso di guerra.

La guerra di Genpei

Tomba di Yoritomo a Kamakura.

Nel 1180 Yoritomo raccolse un grande esercito per affrontare i Taira, ma poi, per un breve periodo fu costretto a trattare con loro. Quando venne a sapere che il cugino Yoshinaka tramava contro di lui, lo sconfisse e uccise ad Awazu, con l' aiuto del fratello Yoshitsune.

Nella sua prima grande battaglia, quella di Ishibashiyama, Yoritomo fu sconfitto, indebolendo la sua posizione nei confrontidei rivali; fino al 1184, grazie agli screzi interni alla corte dominata dai Taira, riuscì però a consolidare la sua autorità sull'aristocrazia guerriera del Kantō e ebbe modo di costruire una propria struttura amministrativa, centrata nella sua fortezza di Kamakura. Alla fine ebbe ragione dei suoi rivali nel clan, e nella battaglia di Dan-no-ura nel 1185 impresse ai Taira una terribile sconfitta.

Ormai senza rivali, Yoritomo estese la sua struttura amministrativa a tutto il Paese, rendendo di fatto Kamakura la nuova capitale; nel nuovo sistema feudale la casta aristocratico-guerriera dei samurai ottenne l'egemonia che avrebbe mantenuto fino alla metà del XIX secolo. Sette anni dopo, l'Imperatore Go-Toba gli concesse il titolo di shōgun, ufficializzando la sua posizione e dando inizio al bakufu (shogunato, ovvero il governo dello shōgun).

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IEYASU TOKUGAWA il macchiavelli nipponico

 

tratto da tuttogiappone.it

 

 

La vita di
Tokugawa Ieyasu

di Cristiano Suriani

Tokugawa IeyasuTokugawa Ieyasu è senza dubbio uno dei personaggi più famosi della storia del Giappone.
Agli inizi del XVI secolo il Giappone era diviso in una miriadi di clan ognuno dei quali governava su una fetta di territorio. Tokugawa riuscì a riunificare e a pacificare il Giappone e a porlo sotto l'autorità dello shogun che di fatto rappresentava il supremo capo politico e militare del paese; la figura dell'imperatore era più che altro simbolica e sarebbe stato così fino al XIX secolo. Diede inizio ad una dinastia che avrebbe detenuto lo shogunato per 250 anni e che avrebbe segnato molto profondamente la cultura, la società e la storia del paese del Sol Levante. 

I clan del Mitsudaira, famiglia di cui Ieyasu era originario, governava la provincia di Mikawa che oggi corrisponde alla parte orientale della prefettura di Aichi, più o meno nel centro dell'isola di Honshu.
Il protagonista dell'articolo nacque, quindi, con il nome di Matsudaira Takechiyo, il 31 Gennaio del 1543. In quel periodo due erano le famiglie più potenti di quell'area: gli Oda e gli Imagawa e il clan Matsudaira era indeciso su quale dei due mettersi al servizio; rimanere indipendenti, data la potenza dei vicini, non aveva senso.
Hirodata – padre di Takechiyo -, il capo della famiglia, scelse il clan degli Imagawa anche se all'interno dei Mitsudaria la sua scelta non aveva l'unanimità dei consensi. 
Nel 1548 gli Oda invasero il Mikava e Hirodata chiese aiuto a Imagawa Yoshimoto il quale acconsentì a patto che Takechiyo fosse mandato a Sumpu, la sua capitale, in qualità di ostaggio.
Il convoglio che doveva trasportare Takechiyo a Sumpu, venne intercettato da Oda Nobuhide che catturò il figlio di Hirodata e lo rinchiuse nel castello di Kowatari. Come era prevedibile, Oda si servì del prigioniero per fare pressioni sul padre affinchè cessasse ogni legame con gli Imagawa. Hirodata rifiutò, ma il figlio non venne ucciso.
Nell'anno successivo morirono sia Mitsudaria Hirodata che Oda Nobuhide e Yoshimoto ne approfittò per attaccare il castello con un esercito guidato dal fratello Sessai
Ora, alla guida del clan degli Oda, c'era Nobuhiro che venne però catturato insieme al suo castello che Sessai si impegnò a restituire a patto che Takechiyo fosse liberato. Takechiyo venne effettivamente liberato e tornò a Sumpu dove visse per vari anni.

 

Raggiunta la maggiore età, Takechiyo, cambiò il suo nome è divenne Matsudaira Motoyasu. Ritornò nel Mikawa e, secondo le richieste degli Imagawa, di cui i Matsudaira erano vassalli, si impegnò a combattere gli Oda guidati dal nuovo capo Nobunaga.
Passarono pochi anni e i Matsudaira, una volta sconfitti gli Oda, cominciarono a chiedere maggiore autonomia dagli Imagawa. Presto tra i due clan ci fu una guerra e, nella battaglia di Okehazama nella quale gli Imagawa vennero sconfitti, Yoshimoto trovò la morte.
Motoyasu si alleò di nuovo segretamente con gli Oda, sconfisse definitivamente gli Imagawa e si affrancò così dalla loro tutela.
Negli anni successivi si dedicò agli affari della famiglia e della sua provincia dove stroncò sul nascere una ribellione militare.
Nel 1567 fece richiesta all'Imperatore Ogimachi di poter cambiare il nome in Tokugawa Ieyasu e la richiesta venne accolta. E' chiaro che Ieyasu voleva avvalorare l'ipotesi che la sua famiglia avesse legami di parentela con quella dell'imperatore.
Sistemati gli Imagawa, che divennero vassalli dei Tokugawa, ecco arrivare i Takeda con i quali, dopo una breve alleanza, il ricorso alle armi divenne inevitabile. Quindi, nel 1571, i Takeda attaccarono e Takeda Shingen vinse la battaglia di Mikatagahara. Fortunatamente per Ieyasu, Shingen morì l'anno successivo e venne sostituito dal figlio Katsuyori che però non si rivelò all'altezza del padre.
Il 28 Giugno 1575 gli eserciti alleati dei Tokugawa e degli Oda, inflissero una devastante sconfitta ai Takeda.
Quattro anni più tardi la moglie e il figlio di Ieyasu vennero accusati di aver complottato contro Nobunaga, in combutta con Katsuyori; la moglie venne decapitata e il figlio costretto al seppuku, il suicidio rituale.
Eliminati definitivamente i Takeda con un'altra vittoria nel 1582, aiutò il clan Oda nel loro tentativo di riunificare l'intero Giappone.
Alla fine di quell'anno, un colpo di scena; Obu Nobunaga venne assassinato da Mitsuhide Akechi. Ieyasu, temendo di fare la stessa fine, si ritirò nel Mikawa non rinunciando però a conquistare parte del territorio degli Oda.
E' a questo punto che fa la sua comparsa un altro fondamentale personaggio della storia del Giappone: Toyotomi Hideyoshi.

Siamo nel 1583 e a contendersi il dominio sull'intero paese, erano rimasti Toyotomi Hideyoshi e Shibata Katsuie con Ieyasu Tokugawa che, inizialmente, mantenne una posizione neutrale.
Nella battaglia di Shizugatake Shibata venne sconfitto e Toyotomi rimase così il padrone incontrastato del Giappone ormai riunificato sotto il suo controllo.
I Tokugawa quindi si allearono con gli Oda nella speranza di provocare in battaglia i potenti Toyotomi, ma gli Oda presto cambiarono campo e finirono sotto l'egemonia del clan dei Toyotomi.
Nel 1585 Ieyasu e Hideyoshi stabilirono una tregua e, cinque anni più tardi, ritroviamo i due attaccare il clan degli Hojo che vennero sconfitti e annessi alle terre dei Toyotomi.
A seguito dell'alleanza tra i Tokugawa e i Toyotomi, avvenne uno scambio di territori Ieyasu cedette le provincie di Mikawa, Totomi, Suruga, Shinano e Kai. Come conseguenza Ieyasu spostò la sua base operativa e si insediò nel castello di Edo.

Due anni più tardi Hideyoshi si imbarcò in una spedizione in terra straniera e precisamente invase la Corea; il suo scopo finale era quello di attaccare la Cina e l'India.
L'avventura non ebbe molto successo; nonostante i giapponesi fossero riusciti a conquistare la capitale; la continua guerriglia fiaccò la resistenza dei nipponici.
Nel 1593 Hideyoshi Toyotomi nominò Ieyasu, insieme ad altri cinque, reggente del figlio e tutti e sei avrebbero regnato in nome di Hideyori Toyotomi nel caso di morte prematura del padre. Morte prematura che in effetti arrivò cinque anni più tardi, nel 1598.
Presto tra i reggenti si crearono due schieramenti: gli anti-Toyotomi, guidati dai Tokugawa, e i fedeli a Hideyori. rappresentati da Ishida Mitsunari. Per i primi anni il conflitto tra questi due gruppi, con i loro rispettivi alleati, ebbe un andamento alterno.
Ed è proprio nell'ambito di questa guerra che si colloca la grande battaglia di Sekigahara che vide combattere ben 160.000 uomini.
La vittoria dello scontro arrise a Ieyasu Tokugawa che, insieme ai clan alleati, distrusse i clan degli Ishida.
Come conseguenza della battaglia Hideyori Toyotomi, dopo essere stato sconfitto, si ritirò con la famiglia nel castello di Osaka mentre Ieyasu Tokugawa poteva ormai fregiarsi del titolo di padrone assoluto del Giappone: era l'anno 1600 d.C. 

Stemma dei Tokugawa Nel 1603 l'imperatore Go-Yozei gli concesse il titolo di shogun e Ieyasu inaugurò una dinastia che avrebbe detenuto lo shogunato per oltre 250 anni.
Dopo solo due anni Ieyasu, a sorpresa, si ritirò lasciando la carica a suo figlio Hideta. La dimissione dalla carica di shogun era comunque solo apparente in quanto Ieyasu continuò a governare, come si dice, da dietro le quinte.
Da adesso fino alla sua morte, nel 1616, Tokugawa _Ieyasu continuò quindi ad esercitare il potere nonostante la carica di shogun fosse ricoperta dal figlio Hideta.
Due sono i fatti principali di questo periodo; la persecuzione e l'espulsione dei cristiani dal Giappone, a favore del confucianesimo, e, in campo militare, l'assedio di Osaka in cui sconfisse le ultime resistenze del clan Toyotomi che si era arroccato nel castello della città .
Per gli stranieri, avere delle basi commerciali in Giappone era sempre più difficile e anche divenne problematico per gli stessi giapponesi uscire dal paese. I cristiani, per sfuggire alle persecuzioni, dovettero emigrare verso altri paesi come, per esempio, le Filippine.
In breve, sotto il periodo Tokugawa, ci fu una chiusura del Giappone verso il mondo esterno che sarebbe terminato solo nel XIX secolo quando le pressioni esterne, per aprire il Giappone al commercio internazionale, divennero troppo forti per potervi resistere.
Dal punto di vista militare, invece, dopo la battaglia di Osaka in cui Ieyasu e il figlio sconfissero Toyotomi Hideyori, si aprì per il Giappone un lungo periodo di pace che sarebbe anch'esso terminato nel XIX secolo.
Quindi con Ieyasu si aprì un periodo di pace, ma anche di isolamento commerciale e culturale. Il centro politico venne spostato ad Edo, l'odierna Tokyo, e venne operato uno stretto controllo sui daimyo e i samurai, la casta dei guerrieri, non essendoci più guerre, si dedicarono ad attività meno bellicose come la filosofia, letteratura e arte.
Nel 1616 Tokugawa Ieyasu, a seguito di una malattia, morì all'età i 73 anni.
Lasciò il paese saldamente nelle mani del suo clan che, come visto, detenne lo shogunato fino al 1867 quando il potere venne restituito alla figura dell'imperatore per quello che è passato alla storia come la "restaurazione Meiji".

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Miyamoto Musashi

La straordinaria vita di
Miyamoto Musashi

di Cristiano Suriani

Miyamoto Musashi

Il suo vero nome era Shinmen Musashi no Kami Fujiwara no Genshi: Il più famoso samurai della storia del Giappone. La sua vita ha dell'incredibile e lo pone come uno dei personaggi più interessanti, non solo del Giappone, ma di tutta la Storia dell'umanità . Non solo fu un leggendario spadaccino che affrontò, senza perdere mai, decine di duelli, la maggior parte dei quali all'ultimo sangue, ma fu anche un valente artista; eccelleva anche nell'arte della pittura, nella calligrafia, nella scultura e come poeta: le sue opere, di grandissimo valore, sono oggi conservate in vari musei. Scrisse uno dei più famosi trattati di strategia e di filosofia applicata al combattimento: Il Libro dei Cinque Anelli. In questo trattato, scritto nel 1645, Musashi riassunse tutta la sua esperienza di maestro dell'arte della spada. Fondò anche una scuola di arti marziali, la Niten Ichi Ryu che insegna il combattimento a due spade: una lunga (Katana) e una corta (Wakizashi ). Ma sono le sue gesta di schermidore quelle che gli hanno consentito di entrare nella leggenda; fino all'età di 29 anni, cioè fino allo scontro con Kojirō Sasaki, partecipò a sessanta duelli. Partecipò anche a varie battaglie tra cui quella di Sekigahara in cui militò tra le file, perdenti, dei seguaci della famiglia Toyotomi. Sul personaggio di Miyamoto Musashi esiste una vasta letteratura; sono stati compiuti numerosi studi e i giudizi sul personaggio sono estremamente variegati. Sui momenti topici della vita di Musashi esistono molteplici versioni e, molto spesso, risulta difficile, se non impossibile, stabilire la verità dei fatti. A prescindere delle versioni, è innegabile che Musashi sia da considerare uno dei più grandi samurai della storia giapponese.

 

Nacque nel 1584 a Miyamoto-Sanoma nella provincia di Mimasaka che oggi fa parte della prefettura di Okayama. Già in tenera età mostrò una non invidiabile capacità di procurarsi guai; crebbe guardando il padre samurai insegnare l'arte ai numerosi guerrieri che venivano a richiedere i suoi servizi come maestro. Nel 1596 un samurai di nome Arima Kihei, arrivò in città e mise un annuncio in cui cercava coraggiosi disposti a combattere contro di lui; Musashi, che aveva dodici anni, si fece avanti: fu il suo primo duello. Nonostante fosse armato solo di una spada di legno, e l'avversario con la classica spada affilata come un rasoio, il giovane Musashi vinse ed uccise l'esperto samurai.
All'età di quindici anni lasciò il villaggio.Musashi aveva già sedici anni, ma aveva già combattuto in tre guerre. Negli anni successivi percorse il Paese passando da un duello all'altro e, naturalmente, ne uscì sempre vincitore.
All'età di venti anni è a Kyoto, l'allora capitale del Giappone. Qui sfidò il miglior spadaccino dell'epoca,Yoshioka Seijuro, il quale raccolse la sfida.
Miyamoto Musashi non vinceva i suoi duelli solo grazie alla sua grande forza e sulle sue grandi doti tecniche, ma era un maestro nell'uso di diversivi che operavano sulla psicologia dell'avversario in modo da minare la sua forza. Un tipico esempio fu il duello con Yoshioka che, oltretutto, era a capo di una famosissima scuola di arti marziali. Musashi arrivò tardi al duello facendo così infuriare l'avversario che non si attendeva una mancanza di rispetto, soprattutto da chi aveva gettato il guanto della sfida. Il duello iniziò, ma la mente di Yoshioka, essendo ancora turbata dall'affronto subito, non aveva la lucidità che la situazione richiedeva. Venne deciso che lo scontro non fosse all'ultimo sangue e che fosse combattuto con spade di legno. Il duello si concluse nel giro di pochi minuti con un grande colpo che Musashi assestò alla spalla sinistra di Yoshioka; il colpo fu così violento che Yoshioka dovette essere rianimato e portato via a braccia. All'età di appena vent'anni, Miyamoto Musashi era diventato lo spadaccino più famoso del Giappone. L'affronto subito da Seijuro recò vergogna sull'intera famiglia e il fratello minore, Denshichiro, sfidò immediatamente Miyamoto cercando così di risollevare le fortune della famiglia. Anche in questo duello Miyamoto ripetè lo scherzetto fatto a Yoshioka: arrivò in ritardo innervosendo così l'avversario. Lo scontro fu senza storia e Denshichiro, che era un samurai piuttosto dotato, vi trovò la morte.
Per la famiglia Yoshioka l'affronto subito era intollerabile: doveva essere vendicato a tutti i costi. Solo la morte di Miyamoto Musashi avrebbe potuto rendere ai Yoshioka l'onore perduto. Centinaia di guerrieri vennero radunati, armati con spade, archi e fucili, per organizzare un'imboscata. Miyamoto venne informato in anticipo del pericolo e questa volta cambiò strategia: arrivò all'appuntamento in anticipo e, nascosto nel fogliame, aspettò i suoi nemici. Vide arrivare i nemici e poi, all'improvviso, sbucò prendendo alla sprovvista un folto gruppo di samurai avversari; individuò, raggiunse ed uccise Matashichiro, il dodicenne nuovo capo del clan; infine, in tutto questo caos, si aprì un varco, attraverso i nemici, e riuscì a fuggire.
Negli anni successivi Miyamoto Musashi continuò a duellare per tutto il Paese; attraverso questi duelli all'ultimo sangue, cercava di raggiungere l'Illuminazione, lo stadio finale, il perfezionamento dell'arte del combattimento
A ventotto anni Miyamoto incrociò la lama con Sasaki Kojiro, uno dei più famosi samurai dell'epoca: ne venne fuori uno dei più famosi duelli della storia giapponese. Lo scontro si svolse su un'isola. Anche questa volta Musashi arrivò in ritardo facendo così innervosire l'avversario. Prima di sbarcare sull'isola , Musashi si costruì una spada di legno ricavandola da un remo della barca. Una volta di fronte, i due campioni, si buttarono subito all'attacco. Miyamoto sferrò subito un terribile colpo sulla testa di Sasaki che crollò a terra, ma senza prima aver risposto con un fendente che sfiorò di pochi millimetri la testa di Miyamoto. Anche da terra Sasaki mostrò la sua abilità con un colpo che, però, non andò a segno: bucò solo il kimono di Musashi. Il colpo di grazia avvenne con grosso colpo al torace di Sasaki Kojiro ancora a terra per il colpo subito precedentemente. Le versioni riguardanti questo episodio sono diverse; un altro racconto dice che le due famiglie, di cui Musashi e Kojiro erano i rispettivi campioni, fossero in lotta per il possesso dell' isola e che Kojiro, appena ripresosi dal colpo alla testa, venne giustiziato, mentre era ancora a terra, dai membri della famiglia vincente.
Miyamoto combatteva spesso con un Bokken, una spada di legno usata in allenamento. Si diceva, inoltre, che fosse di carattere difficile, scortese e poco amante dell'igiene personale. Non si sposò mai, ma ebbe tre figli adottivi.
Nel 1614-1615 partecipò all'episodio finale della guerra tra i clan Tokugawa, che governava il Paese, e Toyotomi. Musashi era ancora al servizio di Toyotomi Hideyori quando il suo quartier generale, il castello di Osaka, venne circondato dalle truppe dello Shogun Tokugawa. Dopo lo scontro con Kojiro, Musashi diradò i duelli a favore di altre attività. Certamente non si sottrasse ai duelli, quando sfidato, ma non li cercò di proposito, come prima. Si dedicò, invece, alla sua scuola e ai suoi discepoli che affluirono sempre più numerosi. Partecipò alla costruzione del castello di Akashi e alla riorganizzazione della città di Himeji dove si stabilì nel 1621. L'anno successivo era di nuovo in viaggio e raggiunse Edo dove cercò, invano, di diventare Maestro di Spada dello Shogun Tokugawa. Insieme al figlio adottivo Miyamoto Iori, continuò il suo pellegrinare per il Paese per arrivare infine ad Osaka. Nel 1934 si spostarono nella città di Kokura ed entrarono al servizio del daimyo Ogasawara Tadazane. Padre e figlio parteciparono alla rivolta di Shimabara dove militarono tra le file delle forze shogunali impegnate a schiacciare la rivolta. Iori, durante questo conflitto, si distinse ottenendo il grado di Karō, il grado più elevato tra i samurai. Musashi, invece, venne ferito da pietre lanciate dagli assediati. Successivamente, dopo essersi legato al daimyo Hosokawa Tadatoshi, si trasferì a Kunamoto, nel Kyushu, dove si dedicò, principalmente, alla scrittura e all'insegnamento della sua materia preferita: la strategia del combattimento. Dal 1642 cominciò a soffrire di attacchi di nevralgia e l'anno successivo si ritirò in una caverna dove cominciò a scrivere il suo Libro dei Cinque Anelli. Poco dopo aver terminato il libro, morì: era il 13 giugno del 1645. Si pensa che sia stato stroncato da un cancro ai polmoni. L'ultima opera letteraria fu il Dokkodo, composto una settimana prima di morire; una raccolta di ventuno precetti, un testamento spirituale per i suoi allievi. Il suo corpo è sepolto nel villaggio di Yuge.

La figura di Miyamoto Musashi è leggendaria e si è stabilita con grande autorità nell'immaginario popolare; ha ispirato decine fra film e prodotti per la televisioni, videogame, libri, anime e manga, libri.
Non è possibile sopravvivere a sessanta duelli senza avere delle qualità e senza poi entrare nella Storia. Musashi combatteva spesso con una spada di legno contro nemici armati di spade d'affilato acciaio, a volte affrontava anche più avversari contemporaneamente, ma uscì sempre vittorioso. La sua grande forza fisica e la maestria nel saper padroneggiare la tecnica, da sole, non bastano a spiegare il suo successo; era anche un profondo conoscitore della strategia militare e della psiche umana che spesso gli permise di ottenere quel vantaggio necessario a vincere i duelli.
Fondò una scuola di scherma, la Niten Ichi-ryū, attiva ancora oggi, in cui veniva insegnato il combattimento con due spade, una lunga e una corta. Ai suoi numerosi discepoli, insegnò il coraggio, il disprezzo per il pericolo e per la morte; volle che, come lui, vivessero una vita austera e piena di sacrifici nella ricerca dell'Illuminazione, meta finale di ogni guerriero.

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L’ultimo Samurai Saigo Takemori

Saigo Takamori: l’ultimo Samurai

Posted by bunny chan

Questa statua, posta nel parco di Ueno, è dedicata a Saigo Takamori, l’ultimo samurai.

Saigo Takamori

Ebbene sì, è proprio la sua storia che ispirò il film con Tom Cruise di qualche anno fa, ma dimenticate le fattezze del bel Ken Watanabe, che ne impersonava il ruolo col nome di Katsumoto: Saigo Takamori era un samurai cicciotto e dall’apparenza bonaria, un omone di 180 cm di statura ed una corporatura opulenta, piuttosto impressionante per i suoi tempi. Egli si battè affinché i samurai potessero conservare i propri privilegi nella moderna società giapponese e tutt’oggi viene ricordato come un eroe!

Ecco la sua storia:

Nel gennaio del 1868, Saigo Takamori ebbe l’onore di guidare una delle armate che parteciparono alla cosiddetta “marcia su Kyoto”.
Le truppe occuparono il castello e proclamarono la restaurazione del potere imperiale.

Fautori di questa operazione, furono alcune famiglie del sud, che, con questo gesto, volevano opporsi alla supremazia della famiglia Tokugawa, che per anni avevano detenuto il potere, avvalendosi della figura di un imperatore-fantoccio, che era praticamente un burattino nelle loro mani.

Nel 1868 il giovane imperatore Mutsuhito, di soli 15 anni, venne fatto spostare da Kyoto a Tokyo, vero centro nevralgico del potere. Ciò segnerà la fine della supremazia dei Tokugawa e l’inizio dell’era Meiji, dal nome imposto al nuovo imperatore.

Il 15 maggio 1868, l’ultimo rigurgito di una ribellione delle famiglie fedeli al vecchio shogunato, fu repressa nel sangue: la battaglia fu combattuta a Ueno, ed è proprio in ricordo di questo combattimento, che oggi, all’ingresso del parco, si erige la statua di Saigo Takamori, comandante in capo delle truppe fedeli all’Imperatore.

In realtà, però, l’Imperatore era nuovamente un fantoccio nelle mani di nuovi burattinai: i samurai che avevano organizzato la marcia su Kyoto. Essi però, capirono che la struttura feudale del Giappone era ormai obsoleta, e che serviva un’autentica svolta, se si voleva portare il Paese ad un riconoscimento internazionale.
Il periodo Meiji, infatti, sarà ricordato come un periodo di grandi riforme, che catapulterà il Giappone dal feudalesimo all’era moderna, in cui il Giappone diverrà un potente stato asiatico, seguendo il modello occidentale.

Tali riforme portarono, nel 1871, all’abolizione della classe dei samurai ed all’espropriazione di tutti i possedimenti dei daimyo, i signori locali.

Uno dei principali fautori di questi cambiamenti sarà Okubo Toshimichi (l’Omura de “L’ultimo samurai”).

Nel gennaio del 1872 il governo giapponese annunciò l’intenzione di creare una forza armata nazionale, sulla base di quelle esistenti nei Paesi occidentali.

A questo punto i samurai, spogliati dei propri privilegi e dei propri redditi, si videro costretti ad integrarsi nelle maglie del nuovo governo, ma non tutti vollero accettare il cambiamento, così, nel 1874 scoppiarono alcune ribellioni.
Il governo non volle tollerare questi attacchi al nuovo potere, e inviò le nuove armate a sedare le rivolte.

Nel 1876 fu proibito girare armati, se non durante eventi speciali e cerimonie. I samurai, che consideravano le loro spade un simbolo del loro status si risentirono molto della cosa. Fu inoltre proibito di acconciare i capelli con la tipica pettinatura da samurai: il mage.

Nello stesso anno Saigo Takamori, ormai in aperto conflitto con le decisioni prese dal nuovo governo, si demise dal suo incarico, e tornò a Kagoshima, dove fondò una scuola militare in cui affluirono tutti i samurai scontenti della situazione che si era venuta a creare.
Ben presto la situazione divenne insostenibile e il gruppo di Takamori proclamò guerra al governo centrale.

La storia vuole che Takamori fu coinvolto suo malgrado, e proclamato capo delle truppe di ribelli senza essere propriamente convinto di ciò che si stava facendo e preso di sorpresa dalla rapida escalation degli avvenimenti.
Ad ogni modo Saigo organizzò la ribellione militare e mise insieme un’armata di circa 25.000 uomini, cui si aggiunsero strada facendo altri volontari da tutto il paese.

Saigo aveva intenzione di marciare su Tokyo con la sua armata, ma si attardò nel castello di Kumamoto, e le truppe imperiali ebbero il tempo di organizzarsi e sferrare un contrattacco, prendendo d’assalto il castello stesso.
L’assedio finì dopo 54 giorni e le truppe di Saigo furono sconfitte e costrette ad arretrare verso Kagoshima.

Dopo numerose battaglie, Saigo Takamori raccolse un numero ridotto di samurai (circa 300) per l’ultimo confronto sulla collina di Shiroyama, non lontana dal Castello di Kagoshima.

I ribelli erano ormai pochi, esausti ed a corto di cibo e munizioni. Inoltre pioveva da giorni ed i loro vecchi cannoni erano ormai inutilizzabili.
Saigo e i suoi uomini sapevano che non avevano alcuna possibilità e che la loro causa era ormai persa, ma desideravano morire con onore (“Una morte onorabile è preferibile ad una vita di vergogna”).
Si dice che il comandante delle forze imperiali inviò a Saigo una lettera, pregandolo di arrendersi e scongiurare una battaglia che non avevano nessuna speranza di vincere.

La mattina del 24 settembre del 1877, ebbe inizio il bombardamento e fu un massacro annunciato.

Il corpo di Saigo Takamori fu trovato senza vita e con la testa mozzata, segno che egli aveva commesso seppuku.

Il suo coraggio, comunque, lo portò a non essere dimenticato nei secoli, ed ancora oggi Saigo Takamori viene ricordato come un eroe, grazie anche alla riabilitazione postuma (1889) accordatagli dal governo Meiji, con una intelligente mossa strategica.

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I 47 ronin

tratto da www.liceoberchet.it

 

Ronin, letteralmente "Uomini Onda", coloro che non avevano più padrone, sede e legami fissi. Questo tipo di samurai aveva una doppia natura, da una parte era un guerriero errante disposto a lavorare per chiunque lo pagasse, dall'altra poteva arrivare ad unirsi ad altri come lui e creare scompiglio nei villaggi saccheggiandoli e creando confusione. Pur continuando a fare parte dell'elevata casta dei samurai i ronin potevano mettersi al servizio del popolo, insegnando arti marziali e di guerra, facendosi assumere come guardie del corpo (yojimbo), oppure difendendo il villaggio da aggressioni esterne.
Se un samurai uccideva un ronin non doveva temere nessuna vendetta e questo rese i ronin una facile preda dei samurai più potenti, i quali nutrivano anche un certo disprezzo per questi guerrieri erranti.

Durante il periodo Tokugawa i ronin aumentarono considerevolmente, conseguenza della soppressione di molti feudi; per il loro spirito autonomo e bellicoso contribuirono alla disfatta del governo Tokugawa, confermandosi guerrieri abili e temibili persino dal più valoroso e potente samurai.

Nel X secolo il termine ronin andava a indicare i contadini che per evitare tasse troppo onerose abbandonavano le loro terre per trasferirsi in regioni non ancore sottomesse dall'autorità o dai monasteri buddisti.


Asano signore di Ako

I 47 Ronin

Storia dei valorosi d' Ako.
Famosa storia di 47 samurai al servizio di Asano, Signore di Ako. Nel 1701 Asano, oltraggiato da Kira, un nobile della corte dello Shogun di Edo, in un impeto di collera lo ferì all'interno del palazzo shogunale. Per aver violato le regole di corte lo shogun Tokugawa Tsunayoshi costrinse Asano a fare seppuku. Dopo la morte del oro padrone i 47 guerrieri suoi fedelissimi, organizzarono una spedizione punitiva per vendicare il loro Signore, attesero per più di un anno, pianificando l'operazione. Il 14 dicembre 1702 attaccarono la residenza di Kira e lo uccisero senza lasciarsi catturare. Lo shogun però ordino loro di fare seppuku come da legge, il 4 febbraio 1703 i suoi fedeli samurai si riunirono al loro amato padrone.
Furono degli eroi per il popolo, simbolo di lealtà, coraggio e onore. Ogni anno sulla tomba dei "47 ronin", situata nel giardino del Tempio Sengaku-ji a Tokyo, i giapponesi arrivano da tutta la nazione per deporre dei fiori in ricordo del loro eroico sacrificio.
Grazie al cinema, teatro e letteratura questa vicenda è diventata popolare in tutto il mondo, caratterizzando in se stessa il vero spirito del bushido.

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